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Bentornato dottor Stranamore

DiDaniele Lugli

Ott 2, 2017
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Dopo minacce e insolenze i due presidenti si scambiano diagnosi, precise e inquietanti: “mentalmente squilibrato” e “chiaramente un folle”. Molta e diffusa è la preoccupazione nel mondo. Possiamo solo immaginare quella dei coreani, del sud e del nord. Tra le capitali Seul e Pyongyang ci sono meno di 200 chilometri. Bombardieri e cacciabombardieri americani sorvolano, spingendosi fino al punto più a nord, la zona demilitarizzata, una striscia larga due chilometri, che taglia il 38° parallelo. Rispondono ai test missilistici e nucleari della Corea del Nord.

Nel 1948 la Corea proclama la propria indipendenza, ma il nord è sotto l’occupazione sovietica e il sud sotto quella americana. Vengono approvate due costituzioni, che si vogliono valide per tutto il paese. Gli Usa e i suoi alleati riconoscono quella del Sud, l’Urss quella del Nord, con relativi governi. Il 38° parallelo segna la divisione. A fine giugno 1950 truppe del Nord passano il parallelo. Gli Usa appoggiano l’esercito del Sud e ottengono la condanna dell’invasione da parte del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. L’Urss non partecipa alla riunione, protestando per la mancata ammissione al Consiglio della Cina popolare (il seggio della Cina è occupato da Taiwan e lo sarà fino all’ottobre del 1971). Ben18 paesi, ma in sostanza gli Usa, sostengono il buon diritto della Corea del Sud. Quella del nord può contare su Cina popolare e Unione sovietica.

Le vicende sono alterne: prima avanzano le forze del Sud, poi quelle del Nord. L’impaziente generale McArthur, al comando della vasta coalizione pro Seul, pensa all’uso risolutivo dell’atomica, già collaudata in Giappone. È rimosso per grave insubordinazione l’11 aprile del 1951. La guerra prosegue fino all’armistizio del 1953, sempre al 38° parallelo. Lo stesso di Reggio Calabria, tanto per averne un’idea. Una pace ancora non è stata firmata tra le due Coree.

Le Nazioni Unite puntano sulle sanzioni. L’applicazione, in particolare da parte della Cina (di gran lunga il maggior partner commerciale), avrebbe effetti devastanti sull’economia della Corea del Nord e potrebbe indurre a un ripensamento. Non basta. Si è armata fino ai denti con un popolo poverissimo e affamato. E poi quali sanzioni, e da parte di chi, porrebbero un limite alle altre potenze (meglio prepotenze) atomiche? Ci vuole altro: qualcosa più forte che la forza atomica. Lo scrive Capitini, già nell’agosto del ’45, all’indomani dei bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki. Meglio dare ascolto a lui che al dottor Stranamore. Il dottor Stranamore ovvero: come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la bomba (Dr. Strangelove or: How I Learned to Stop Worrying and Love the Bomb)

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Aldo Capitini, PIÚ FORTE CHE LA BOMBA (1945)

Questo tempo è tale che tutto in esso si riassume e culmina. Questo mondo distinto in continenti e in tante genti, ecco che si va unificando, e la resa del Giappone (una specie di Cartagine) è un altro passo. Ecco un cosmopolitismo crescente, macchine, film, edifici, che possono collocarsi

indifferentemente in qualsiasi parte della terra; e infine ecco che la forza, invece di stare decentrata in migliaia e migliaia di industrie di guerra, si raccoglie in una bomba di sovraterrena potenza, che mette al bivio: o essere terribilmente violenti o essere inferiori sul piano della forza. La vittoria ha

piegato le ali e ha scelto la sua dimora? l’imperium non gira più da popolo a popolo? si torna effettivamente a riconoscere ad uno solo il diritto di far guerra, quell’uno che è potenzialmente il tutto, e non più ai singoli popoli, diritto riaffermato nel Rinascimento? Certamente, sorge il problema dell’uso della forza e della scelta del «mezzo» per lottare, per affermare.

Bisogna ricorrere ad altro per affermare. Israele poté fantasticare un regno nazionalistico; ma quando il più imbattibile nazionalismo del tempo venne, cinto di pubblicani, a fargli pagare le tasse, Israele ebbe un’altra rocca, un’altra trincea, un’altra visione fantastica, la croce e l’attiva noncollaborazione dei cristiani contro colei che era l’assolutizzazione del potere politico. Contro

la ridicola apoteosi imperatoria, il Dio «in cui siamo e in cui viviamo».

Grandiose sono le vendette dell’anima quando è offeso il suo primato, che è vita della vita.

Entro la rivendicazione economica e politica del socialismo si attualizza oggi, con evidenza assoluta, una centralità etico-religiosa, con questi princípi fondamentali:

1 – creazione di valori culturali e morali di altissima qualità (opere d’arte, di pensiero, di scienza; atti di bontà, di sacrificio, ecc.) per valere più di una civiltà che nella fiducia nella forza e nella opulenza potrebbe avvitarsi nell’orgia e generalizzarsi nella semplice tutela dell’ordine pubblico;

2 – massimo rilievo dato, anche nell’educazione spicciola, alla noncollaborazione, al sabotaggio, alla propaganda, all’esempio;

3 – approfondire il segno dell’umanità associando ai lavoratori oppressi tutti gli oppressi dal dolore, dalla morte, dalla insufficienza; in modo da convocare tutti i non fortunati dalla nostra parte, e farli presenti al nostro intimo;

4 – essere non solo più sociali, ma più liberali (nella destinazione del socialismo), più morali e più intrinsecamente religiosi degli altri; e allora, anche se da questa parte non ci saranno le bombe, ci sarà la storia avvenire.

E con questi princípi, con queste armi, si deve costituire la generale internazionale della umanità lavoratrice, con comunisti, socialisti, liberalsocialisti, libertari. E allora, anche se useremo la nonviolenza, saremo più forti della bomba atomica.

 

L’articolo Più forte che la bomba è comparso su «L’Epoca» il 17 agosto 1945 e, poi, con il titolo Più forte che la forza atomica, in A. Capitini, Italia nonviolenta, Bologna, Libreria Internazionale di Avanguardia, 1949 e Perugia, Centro studi Aldo Capitini 1981.

Di Daniele Lugli

Daniele Lugli (Suzzara, 1941, Lido di Spina 2923), amico e collaboratore di Aldo Capitini, dal 1962 lo affianca nella costituzione del Movimento Nonviolento di cui sarà nella segreteria dal 1997 per divenirne presidente, con l’adozione del nuovo Statuto, come Associazione di promozione sociale, e con Pietro Pinna è nel Gruppo di Azione Nonviolenta per la prima legge sull’obiezione di coscienza. La passione per la politica lo ha guidato in molteplici esperienze: funzionario pubblico, Assessore alla Pubblica Istruzione a Codigoro e a Ferrara, docente di Sociologia dell’Educazione all’Università, sindacalista, insegnante e consulente su materie giuridiche, sociali, sanitarie, ambientali - argomenti sui quali è intervenuto in diverse pubblicazioni - e molto altro ancora fino all’incarico più recente, come Difensore civico della Regione Emilia-Romagna dal 2008 al 2013. È attivo da sempre nel Terzo settore per promuovere una società civile degna dell’aggettivo ed è e un riferimento per le persone e i gruppi che si occupano di pace e nonviolenza, diritti umani, integrazione sociale e culturale, difesa dell’ambiente. Nel 2017 pubblica con CSA Editore il suo studio su Silvano Balboni, giovane antifascista e nonviolento di Ferrara, collaboratore fidato di Aldo Capitini, scomparso prematuramente a 26 anni nel 1948

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