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Dov’è la vittoria? Domanda tragica del 4 novembre

DiEnrico Peyretti

Nov 4, 2015
4 novembre

Ci chiediamo dov’è la vittoria del 4 novembre 1918, che ancora viene festeggiato come giorno fausto, e fu invece profonda sconfitta, immenso dolore e  disastro del nostro paese, precipitato dal nazionalismo bellicista nel fascismo e nelle sue guerre, umiliazione e corruzione dell’anima del popolo e altro dolore, fino al riscatto della Resistenza moralmente attiva e alla Costituzione, che sconfessa la vittoria militare.

Conclusione provvisoria del libro Dov’è la vittoria? a cura di Enrico Peyretti, Piccola antologia aperta sulla mieria e la fallacia del vincere, con una Prefazione di Matteo Soccio.

Il libro, edito nel 2005 da Gabrielli editori (info@gabriellieditori.it), di p. 110, contiene 115 testi, note, pensieri sulla vacuità della vittoria in guerra e nei rapporti quotidiani violenti o imperiosi.
I testi sono ordinati in 5 capitoli: Voci antiche (dalle origini al 1500 dopo Cristo); Voci moderne (1500-1900); Voci del Novecento prima del 1945; Voci del Novecento dopo il 1945; Voci del 2000.
Altre decine di testi sono raccolti per una eventuale nuova edizione accresciuta.

***
Conclusa ma non chiusa questa raccolta, osiamo supporre che essa serva a mostrare, una volta di più, dopo tante altre dimostrazioni simili, ma in modo aggiornato, quanto è vana e controproduttiva una vittoria, sia pure come affermazione di una causa giusta, di un diritto, conseguita con la violenza e le armi. A questo punto il discorso è appena aperto. La denuncia del militarismo non è ancora il pacifismo. Il pacifismo non è ancora la nonviolenza attiva. La quale è lotta con tecniche non distruttive, è gestione dei conflitti con mezzi ed esiti che, anche ove si rivelassero sbagliati e fallimentari, non avrebbero effetti irreversibili. È questa l’alternativa alla guerra. Non l’elusione o nascondimento dei conflitti, ma la loro gestione franca coi mezzi della forza nonviolenta. La vittoria, in questa situazione, cioè il raggiungimento dell’obiettivo, è a somma positiva, è un vincere insieme, non senza sacrifici di entrambe le parti ma con un utile complessivo maggiore, più equamente distribuito tra gli avversari, senza umiliazione e comseguente revanscismo di alcun “vinto”. Nella lotta nonviolenta, la vittoria è un guadagno sul piano dell’oggetto della contesa, dell’obiettivo giusto ricercato, ma ancora di più sul piano della qualità umana, della dignità, del dolore risparmiato e della pace giusta assicurata, per tutti. La vittoria nonviolenta è aver ragione delle avversità oggettive, delle difficoltà, ostacoli, ritardi, errori del passato, non è vittoria su persone e gruppi umani, ma su situazioni antiumane.

Ma questa linea di ricerca teorica, di esperienze, di tecniche, di organizzazione e addestramento è un altro campo di lavoro, e ancora più importante, rispetto a questo.
Qui basti aver cercato di svergognare, demitizzare, smascherare l’inganno e l’illusione della vittoria bellica, nella guerra e in ogni forma di rapporto violento: tentativo non superfluo, perché nei nostri anni l’idolatria mortale della guerra è tornata con arroganza a guidare i potenti e folli detentori di leve omicide, a camminare con piedi di ferro e fuoco sulla vita e sul destino dei popoli. Chiamano vittoria, quando la ottengono e non precipitano invece, come accade, nello stesso abisso che hanno aperto, quella che è la massima sconfitta umana: essere gli uni contro gli altri, esser nemici, perciò essere senza gli altri, dunque meno umani che mai.

La ricerca va continuando sugli altri terreni della cultura di pace: è la ricerca dell’affermazione della nostra umanità sul disumano che è in noi.
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Rifacimento costituzionale di due strofe dell’inno di Mameli

Fratelli d’Italia
l’Italia s’è desta
dell’onta fascista
s’è tolta la macchia.
Con la Resistenza
e la Costituzione
ha vinto la lotta
per la dignità.
Stringiamoci insieme
in pace e giustizia:
l’Italia vivrà.

L’Italia ripudia
la guerra assassina
e vuole la pace
dei Popoli Uniti,
la pace che solo
giustizia produce,
e toglier la fame
e la schiavitù.
Stringiamoci insieme
in pace e giustizia:
l’Italia vivrà.

Di Enrico Peyretti

Enrico Peyretti (1935). Ha insegnato nei licei storia e filosofia. Membro del Centro Studi per la pace e la nonviolenza "Sereno Regis" di Torino, del Centro Interatenei Studi per la Pace delle Università piemontesi, dell'IPRI (Italian Peace Research Institute). Fondatore de il foglio, mensile di “alcuni cristiani torinesi” (www.ilfoglio.info). Collabora a diverse riviste di cultura. Gli ultimi di vari libri (di spiritualità, riflessione politica, storia della pace) sono: Dialoghi con Norberto Bobbio su politica, fede, nonviolenza, (Claudiana, 2011); Il bene della pace. La via della nonviolenza (Cittadella, 2012). (peacelink.it/peyretti)

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