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Il fascino indiscreto della violenza

DiDaniele Lugli

Ago 21, 2017

Nella riunione congiunta del 13 luglio scorso delle Commissioni Affari Costituzionali e Difesa, alla Camera dei Deputati, è stato incardinato e calendarizzato il dibattito parlamentare sulla proposta di legge n. 3484 per la costituzione di un Dipartimento della Difesa Civile non armata e nonviolenta presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. I Presidenti delle due commissioni hanno illustrato la proposta e indicato relatori Giulio Marcon per la Prima e Giorgio Zanin per la Quarta. Sono due ottimi relatori: li abbiamo incontrati nel nostro congresso di Movimento Nonviolento a Roma. Hanno, anche in quell’occasione, dato un importante contributo ai nostri lavori.

“La nostra proposta tende al riconoscimento legislativo, oltre che culturale, politico, giuridico e finanziario, di una Difesa nonviolenta, bastata sulla prevenzione dei conflitti, per assolvere al dovere costituzionale di difesa della Patria (art. 52) nell’ottemperanza del ripudio della guerra (art. 11); oggi questa visione è entrata in Parlamento dalla porta principale. Sarà ora importante seguire ed accompagnare il dibattito che ne seguirà” commenta Mao Valpiana, che ha coordinato la campagna “Un’altra difesa è possibile”.

È importante che la legge sia discussa e approvata. Così Parlamento, Governo, Presidente della Repubblica avranno a disposizione uno strumento per fare qualcosa che assomigli alla saggia previsione della Costituzione, il Ministero della Difesa potrà legittimamente chiamarsi della Difesa (senza che appaia un nickname della Guerra) e, magari, gli alpini potranno tornare sulle Alpi. Anche i cittadini avranno qualcosa di più costruttivo di cui occuparsi, piuttosto che schierarsi come tifosi nelle guerre, che si combattono in giro per il mondo anche con la nostra sciagurata partecipazione. Ce ne sono di convinti che siano inevitabili contro l’ingiustizia e l’oppressione (è successo e succede anche a me, ma poi, come riesco, ci ripenso), altri, con più realismo, che siano necessarie a consolidare privilegi e supremazie, dei quali si sentono partecipi. Anche se è una convinzione spesso immotivata, con loro il confronto non è semplice. Già c’è da ragionare con quanti non appartengono alla consorteria di “vecchi malvissuti e giovani scellerati”. Non amano la violenza, ma ne sentono necessario il ricorso in determinate circostanze. Era così anche quando ero giovane.

Ne «L’Espresso» del 30 luglio 1967 in un articolo intitolato La santa violenza: «la violenza riappare con crescente intensità e va coprendo un’area sempre più estesa». Scriveva Scalfari: «Sono tutti, e in perfetta buona fede, amanti della pace né più né meno di prima. Solo che, a differenza di prima, oggi hanno scoperto che la pace, questo bene inestimabile, il più grande di tutti, spesso si difende e si conquista con la guerra. Ed ecco il nuovo spettacolo degli amanti della pace, ciascuno dei quali sostiene la sua propria guerra mentre condanna le guerre degli altri. Nuovo spettacolo? In realtà, si tratta di uno spettacolo vecchio quanto il mondo. Solo che noi che avevamo diciotto o vent’anni nel 1940, speravamo che tutti avessero capito, ritenevamo banditi per sempre i discorsi sulla virtù o quanto meno sulla necessità della violenza. Speravamo che si consolidasse e, soprattutto, che venisse raccolta e fatta propria dalle generazioni che seguivano e che fosse possibile sostituire un certo tipo di aggressivo vitalismo con un’alacrità d’altra natura e di più alto livello spirituale. È doloroso, ma doveroso constatare che l’illusione è durata poco. Come può reagire a tutto ciò l’opinione “liberale”? Dimostrando caso per caso, problema per problema che la violenza non risolve nulla, non taglia nessun nodo, non suscita nessuna energia ma aggroviglia ancora di più, rinviando all’infinito ad altre violenze e ad altre vendette? È una via lunga e difficile. Ma scorciatoie non ce ne sono».

Non è una novità. È un nodo che gli amici della nonviolenza provano a districare. Anche una legge può aiutare.

Di Daniele Lugli

Daniele Lugli (Suzzara, 1941, Lido di Spina 2923), amico e collaboratore di Aldo Capitini, dal 1962 lo affianca nella costituzione del Movimento Nonviolento di cui sarà nella segreteria dal 1997 per divenirne presidente, con l’adozione del nuovo Statuto, come Associazione di promozione sociale, e con Pietro Pinna è nel Gruppo di Azione Nonviolenta per la prima legge sull’obiezione di coscienza. La passione per la politica lo ha guidato in molteplici esperienze: funzionario pubblico, Assessore alla Pubblica Istruzione a Codigoro e a Ferrara, docente di Sociologia dell’Educazione all’Università, sindacalista, insegnante e consulente su materie giuridiche, sociali, sanitarie, ambientali - argomenti sui quali è intervenuto in diverse pubblicazioni - e molto altro ancora fino all’incarico più recente, come Difensore civico della Regione Emilia-Romagna dal 2008 al 2013. È attivo da sempre nel Terzo settore per promuovere una società civile degna dell’aggettivo ed è e un riferimento per le persone e i gruppi che si occupano di pace e nonviolenza, diritti umani, integrazione sociale e culturale, difesa dell’ambiente. Nel 2017 pubblica con CSA Editore il suo studio su Silvano Balboni, giovane antifascista e nonviolento di Ferrara, collaboratore fidato di Aldo Capitini, scomparso prematuramente a 26 anni nel 1948

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