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La natura nonviolenta degli esseri umani – contributo di Piero P. Giorgi

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Mar 14, 2017
Pace evoluzione

di Piero P. Giorgi *

Per secoli i filosofi si sono confrontati nel tentativo di definire la natura umana, senza arrivare ad alcuna conclusione utilizzabile. Erano infatti limitati da una visione geografica ridotta degli esseri umani ( Europa e Vicino Oriente), da un periodo “storico” troppo recente ( le poche migliaia d’anni dei documenti scritti), da pregiudizi etnici (“civiltà” complesse considerate superiori alle civiltà non tecnologiche), e influenzati dagli interessi specifici della cultura della violenza (visione politicamente corretta). Cioè, pensare che siamo violenti per natura solleva sia le autorità che il pubblico dalle pesanti responsabilità di cambiamenti sociali.
Nell’ultimo ventennio alcuni antropologi hanno cominciato ad ammettere che sono loro, gli studiosi dell’Uomo, i tenutari delle prove scientifiche (non fantasie letterarie) necessarie per proporre la natura nonviolenta di Homo sapiens.
Molto brevemente,
La nostra specie è emersa circa 150.000 anni fa nell’Africa Orientale con un lobo frontale specializzato per una socializzazione raffinata. Come cacciatori-raccoglitori nomadi (CRN), circa 80.000 anni fa gli esseri umani hanno cominciato a distribuirsi in tutti i cinque continenti. Circa 50.000 anni fa l’ H.sapiens Paleolitico ha fatto un salto “intellettuale” adottando l’arte e, probabilmente, la spiritualità ( non la religione ).
L’arte rupestre ha allungato notevolmente la storia umana dimostrando prove scientifiche di culture raffinate che sono sopravvissute all’estinzione grazie alla nonviolenza (empatia, solidarietà, cooperazione, soluzioni negoziate dei conflitti di interesse). Le 26 culture di CRN che sopravvivono ancora oggi confermano, con ovvie differenze, le informazioni paleo-archeologiche sulla nonviolenza.
Si può ipotizzare che questa sia la vera natura umana, il risultato dell’evoluzione bio-culturale che ha fatto emergere H.sapiens CRN e nonviolento (NB J.J.Rousseau non c’entra).
Cominciando circa 10.000 anni fa questi veri esseri umani inventarono la produzione del cibo indipendentemente in tre distanti regioni della terra ( di per sé una buona idea). Le conseguenze furono però disastrose in tutti e tre i casi. In poche migliaia di anni apparvero insediamenti umani troppo grandi con tutti i segni della violenza : stratificazione sociale, competizione, sistemi di potere, violenza strutturale, poi violenza diretta, e poi guerra. Gli storici chiamarono questa tragedia umana “civiltà”. Stiamo ancora vivendo quest’era funesta.
La letteratura di questa nuova visione ha incominciato nel 1996 ( Leslie Sponsel ), ha continuato agli inizi di questo secolo (P.P.Giorgi, 2001, in italiano “La violenza inevitabile – Una menzogna moderna”, Jaca Book, 2008) e si è sviluppata recentemente con Douglas P. Fry e parecchi altri (2006 – 2015). La definizione della natura umana qui suggerita è stata formulata nel 2015 durante un incontro internazionale presso l’Università di Leiden (Olanda) con la presenza degli autori qui menzionati ed altri.
Numerose prove scientifiche a sostegno della nonviolenza degli esseri umani paleolitici sono fornite anche dalle neuroscienze, benché i limiti di questo testo non ci consentano di presentarle. Basti dire che alla nascita il cervello umano è ancora molto immaturo e saranno le esperienze sociali postnatali a definire il comportamento sociale dell’adulto. Chi scrive propone infatti che gli esseri umani abbiano perso con la “civiltà” importanti caratteristiche della specie, ma queste stesse potrebbero essere riacquistate in quanto la perdita è stata puramente culturale.
Le implicazioni sociali di queste nuove ipotesi sono molto importanti per la nostra sopravvivenza come specie, ma occorre chiarire molti concetti, migliorare la terminologia ed evitare i giochi di potere della politica.

* Prof. Associato al Centro studi nazionale per la Pace e i conflitti, Università di Otago (Dunedin, Nuova Zelanda)

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