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Rete Disarmo su Decreto Missioni militari in Parlamento: cambiare rotta verso cooperazione civile

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Giu 9, 2016
cannone foto Massicannone foto Massi

Fonte: Rete Italiana per il Disarmo

Nessun cambio di prospettiva rispetto al passato: ancora centinaia di milioni destinati a missioni armate poco efficaci e solo le briciole a progetti di cooperazione civile. Rete Disarmo sottolinea ancora una volta la negativa decisione di inserire in un unico provvedimento (con mesi di ritardo) tutte le missioni militari all’estero, che invece hanno natura tra loro profondamente diversa.

Sono 1,2 i miliardi di euro che il Governo vuole destinare nel 2016 alle missioni militari all’estero (in linea con lo scorso anno), a fronte di solo 90 milioni (in calo di 16) per la cooperazione civile nelle stesse aree. Ecco la sintesi delle cifre economiche del Decreto-legge presentato in questi giorni al Parlamento e sul quale ieri sono stati sentiti in audizione presso le competenti Commissioni riunite di Camera e Senato i Ministri Pinotti e Gentiloni.

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Rete Disarmo rinnova anche per questo provvedimento, come già fatto in passato, la critica all’impianto generale che vede inserire in un medesimo Decreto-legge (da votare o respingere in toto) missioni di natura e portata completamente differente. Sarebbe invece più opportuno procedere con una suddivisione (almeno per tipologia ed area) al fine di permettere ai parlamentari di effettuare scelte ponderate e più sensate. Da anni è stata promessa una “legge quadro” che dovrebbe superare questo problema di raggruppamento improprio, ma non è in vista una sua approvazione e non si può utilizzare questa attesa come scusa per reiterare meccanismi evidentemente negativi.

 

“Le missioni all’estero che il presente decreto-legge va a prorogare sono rimaste prive di copertura giuridica e finanziaria per oltre 4 mesi” sottolinea Laura Zeppa di Archivio Disarmo “cosa che si cerca di risolvere oggi con l’usuale e problematico ricorso ad una decretazione di urgenza”. Nel testo proposto al Parlamento si esplicita solo la dotazione finanziaria dei diversi interventi, dicendo poco o nulla in merito alla situazione di ciascuna missione, agli obiettivi raggiunti e quanto ancora da espletare “Molte sono attive da più di dieci anni: vogliamo ragionare sui risultati ottenuti o solamente agire con rinnovi automatici?” conclude Laura Zeppa.

Il provvedimento in discussione oltre a prorogare la missione in Afghanistan, che si sarebbe invece dovuta concludere nel 2014, continua a finanziare direttamente con 120 milioni di euro le forze di sicurezza di Kabul sulle quali la comunità internazionale ha espresso forti riserve. Il tutto senza un condizionamento di questi importanti aiuti militari al rispetto di diritti umani e di procedure trasparenti. Complessivamente l’intervento nel Paese asiatico ci costerà oltre 300 milioni.

Oltre a Libano, Kosovo, intervento anti-pirateria nell’Oceano Indiano, Albania Palestina, Mali, area del Baltico per sorveglianza aerea in funzione anti-russa), Bosnia e Cipro il nostro Paese sarà anche protagonista della missione UE in Somalia, comandata da un generale italiano ed a cui contribuiamo con un cospicuo contingente, per addestrare l’esercito locale. Tutto ciò nonostante l’esercito somalo arruoli ed utilizzi, secondo il Segretario Generale ONU, anche bambini soldato. Situazione che Rete Disarmo ha già stigmatizzato in occasione della recente approvazione dell’accordo militare con Mogadiscio. Il decreto prevede anche la fornitura di pezzi di ricambio degli aerei militari all’Egitto, nonostante la crisi diplomatica connessa all’omicidio Regeni, la forte repressione messa in atto dal regime di Al-Sisi e la partecipazione dell’Egitto alla coalizione a guida saudita impegnata nella guerra in Yemen. Rete Italiana per il Disarmo, che ha già recentemente chiesto lo stop dell’export militare verso ll Cairo e altri paesi della stessa regione ritiene invece necessario bloccare qualsiasi aiuto militare almeno fino al ripristino delle libertà fondamentali.

Circa 236 milioni (in crescita) sono destinati a continuare dispiegamento di mezzi aerei in Iraq, mentre per ora non sono previsti fondi (che saranno altrettanti) a favore della missione già annunciata di protezione del cantiere di una ditta italiana che dovrà ristrutturare la diga di Mosul. “Anche per quanto riguarda la Libia i fondi sono cospicui, ma poco chiari – commenta Francesco Vignarca coordinatore della Rete – perché si è quadruplicato fino a 90 milioni lo stanziamento per la forza navale già impegnata, ma senza dettagliarne i motivi ed esplicitare un’eventuale intenzione di intervento diretto. In generale va notato come il robusto finanziamento delle missioni militari all’estero configuri ancora una volta una stampella per il bilancio della Difesa, che non sarebbe in grado altrimenti di garantire il funzionamento dell’elefantiaca macchina delle Forze Armate”.

Secondo la Rete Italiana per il Disarmo la logica deve essere completamente ribaltata: “Per risolvere i problemi internazionali gli interventi militari si sono rivelati inefficaci – sottolinea Maurizio Simoncelli vicepresidente di Archivio Disarmo – occorrerebbe invece ridurre le spese militari (in particolare quelle delle missioni militari) ed aumentare le risorse per la cooperazione civile e sociale. Rafforzando il ruolo delle società civili invece di quello di regimi autoritari che spesso traggono vantaggio da nostro sostegno militare diretto o indiretto”. Nel decreto-legge in discussione i fondi per la cooperazione nelle specifiche aree di intervento (Afghanistan, Etiopia, Repubblica Centrafricana, Iraq, Libia, Mali, Niger, Myanmar, Pakistan, Palestina, Siria, Somalia, Sudan, Sud Sudan, Yemen) vengono invece diminuiti.

Il Parlamento già da questo dibattito e con questo voto avrebbe la possibilità di porre fine alla reiterata approvazione di decreti che dispongono solo finanziamenti non trasparenti decisi dal Governo, riappropriandosi di un importante aspetto della politica estera e di difesa del nostro Paese e slegandolo da interessi di alleanza o di favore verso l’industria delle armi per focalizzarsi invece sulla risoluzione dei confitti internazionali.

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