Vilnius. Conferenza stampa congiunta dell’associazione bielorussa/lituana Our House, Campagna di Obiezione alla Guerra, Scuola di Pace e Nonviolenza, sulla missione di pace a sostegno dell’obiezione di coscienza.
Qui il video della conferenza stampa
Presenti al tavolo, Olga Karach, Daniele Taurino, Mao Valpiana, don Renzo Beghini, che si sono concentrati sulla più ampia situazione dei diritti umani, della militarizzazione e della ricerca di una pace sostenibile nell’Europa orientale, con particolare attenzione a Bielorussia, Russia e Ucraina. Il Diritto all’Obiezione di Coscienza è principio fondamentale e universale capace di alimentare tutti gli altri diritti nella società. Gli obiettori di coscienza sono la chiave per fermare la guerra e costruire la pace. Oggi però gli obiettori di coscienza sono criminalizzati nella regione, indipendentemente dalla loro nazionalità. Viene sottolineato il peso del sistema patriarcale che rende “quasi impossibile per gli uomini bielorussi, russi e ucraini dire no e non andare nell’esercito”.
È fondamentale creare un nuovo approccio alla pace, poiché il modo più economico per fermare la guerra, salvare vite e ristabilire la pace è che gli uomini rifiutino la guerra: “Dobbiamo creare un nuovo approccio di pace, perché possiamo fermare la guerra solo se tutti gli uomini di Russia, Bielorussia, Ucraina non vanno in guerra. È il modo più economico per fermare la guerra. È il modo più economico per salvare vite. È il modo più economico per riportare la pace.” La presenza di armi nucleari tattiche russe in Bielorussia dal 2023 è una grave preoccupazione. Si condanna la crescente militarizzazione e nuclearizzazione, che viene definita un “processo molto tossico e pericoloso”.
La conferenza stampa ha rilanciato l’obiettivo politico chiave della Campagna di Obiezione alla Guerra promossa dal Movimento Nonviolento: chiedere alle istituzioni europee di concedere automaticamente lo status di rifugiato politico agli obiettori di coscienza e ai disertori bielorussi, ucraini e russi.
Olga Karach ha espresso preoccupazione per la “bielorussizzazione dell’Europa”, ovvero la diffusione in Europa orientale e nei paesi baltici di tendenze repressive simili a quelle affrontate in Bielorussia. Viene evidenziato quanto sia facile perdere la democrazia e quanto siano precarie le condizioni dei rifugiati bielorussi e russi in Lituania: “i bielorussi non sono al sicuro in Lituania e non sentono di aver ricevuto tutta la protezione necessaria”. Molti rifugiati bielorussi arrivano in Lituania dopo essere stati torturati in prigione e aver perso tutto, ma si ritrovano ad affrontare nuove difficoltà e a sentirsi insicuri, completamente abbandonati a se stessi. Il caso di Nikita, un disertore bielorusso di 19 anni che rischia la pena di morte se estradato, è un esempio lampante delle gravi conseguenze: “la sua richiesta di asilo politico è stata rifiutata e lui è illegale in Lituania da più di un anno e può essere deportato in Bielorussia in qualsiasi momento, dove rischia la pena di morte. Questo è orribile”.
In Bielorussia, le scuole insegnano una storia revisionista e preparano i bambini all’aggressione dall’Occidente. I giovani vengono indottrinati e costretti a partecipare ad attività militari, rendendo difficile per loro sfuggire a questa propaganda che fa il lavaggio del cervello. Lo stesso fenomeno di militarizzazione dell’istruzione, uguale e contrario, che sta avvenendo in Europa.
La solidarietà internazionale, che si concretizza in missioni come quella in atto in questi giorni, è cruciale per mantenere la speranza e la capacità di resistenza degli attivisti e dei movimenti di pace bielorussi che rischiano di sentirsi soli nella loro lotta. Per questo, gli incontri e il sostegno da parte di gruppi internazionali sono una fonte vitale di ispirazione. E gli obiettori bielorussi sono immensamente grati per la presenza della delegazione italiana. È essenziale creare spazi transnazionali di democrazia, dialogo e resistenza contro la crescente spesa militare e la “militarizzazione della società”. Questi spazi sono fondamentali per contrastare il nazionalismo e costruire un futuro di pace.
La campagna di obiezione alla guerra estende il suo sostegno non solo agli obiettori di coscienza russi e bielorussi, ma anche al movimento pacifista ucraino e agli obiettori di coscienza israeliani e resistenti nonviolenti palestinesi, evidenziando una comunità nonviolenta di gruppi misti uniti nel rifiuto della guerra.
La conferenza stampa si è conclusa con cinque impegni:
• Sostegno finanziario: si invita a sostenere finanziariamente la Campagna di Obiezione alla Guerra tramite donazioni.
• Visite e coinvolgimento: Si incoraggia a visitare la “casa della pace” a Vilnius e a partecipare alle attività della diaspora bielorussa
• Diffusione della consapevolezza: Diffondere il messaggio in altri paesi europei per costruire un movimento di pace transnazionale con il rafforzamento delle reti europee (EBCO-BEOC) e internazionali (WRI).
• Apertura delle frontiere: Aprire le frontiere europee per i giovani bielorussi che supportano la democrazia e si oppongono alla guerra.
• Invito a partecipare alla manifestazione che si terrà domenica 24 agosto a Vilnius ore 12:00, organizzata dalle organizzazioni bielorusse, contro la repressione degli oppositori politici, contro le armi nucleari russe, le basi militari straniere in Bielorussia e a sostegno degli obiettori di coscienza e della pace.
Dopo la conferenza stampa abbiamo ascoltato la testimonianza di Sergej, un rifugiato politico oppositore democratico di Lukashenko che ha dovuto abbandonare la Bielorussia per sfuggire alla persecuzione. Aveva svolto il servizio militare di 3 anni, pensando di fare il proprio dovere di buon cittadino, ma proprio per quello che ha visto (corruzione, disonestà, nonnismo, menefreghismo) ha iniziato una sua maturazione politica che l’ha portato, oggi, ad essere un attivista per la pace e la democrazia. Sta vivendo una situazione difficile perché la Lituania, cedendo alle pressioni bielorusse, gli ha ritirato il permesso considerandolo un pericolo per la sicurezza del paese. Ora ha fatto ricorso alla Corte europea dei diritti umani per vedersi riconosciuto lo status di rifugiato politico.
Nel pomeriggio, pausa dai lavori, e tempo libero per visitare la città. Vilnius è una capitale da cartolina, nelle sue piazze, palazzi, intrisa di storia, tenuta benissimo, pulita e ordinata per i turisti. Riesce a nascondere bene e rendere invisibili le proprie contraddizioni, a partire da un evidente nazionalismo che non vuole saperne di aprire le porte ai tanti profughi che bussano.

