Mentre l’Europa e il mondo si avvitavano in un’altra folle corsa agli armamenti, che avrebbe potuto deflagrare in una guerra nucleare, settanta anni fa il filosofo Bertrand Russell propose ad Albert Einstein – definito dal primo “sano di mente in un mondo pazzo” – di sottoscrivere congiuntamente una “dichiarazione pubblica” per il disarmo, proponendogli un testo che Einstein sottoporrà anche ad altri scienziati. Il fisico premo Nobel lo firmerà l’11 aprile del 1955, esattamente una settimana prima della morte, avvenuta il 18 aprile: il Manifesto Einstein-Russell, che verrà reso pubblico nel luglio di quell’anno, sarà il suo estremo appello per il disarmo.
Nel Manifesto Einstein, Russell e gli altri firmatari posero il tema fondamentale del nostro tempo, allora come oggi: “Dobbiamo imparare a pensare in modo nuovo. Dobbiamo imparare a domandarci non già quali misure adottare affinché il gruppo che preferiamo possa conseguire una vittoria militare, poiché tali misure ormai non sono più contemplabili; la domanda che dobbiamo porci è: <<Quali misure occorre adottare per impedire un conflitto armato il cui esito sarebbe catastrofico per tutti?>>”. Se la posta in palio che obbliga ad uscire dal pensiero militarizzato non fosse sufficientemente chiara, è esplicitata maggiormente: “Questo dunque è il problema che vi poniamo, un problema grave, terrificante, da cui non si può sfuggire: metteremo fine al genere umano, o l’umanità saprà rinunciare alla guerra?>>”. Allora non fu la logica perversa della “deterrenza” a salvare l’umanità, ma il successivo e complesso processo di disarmo che avrebbe portato non alla rinuncia definitiva alla guerra, ma prima alla distensione tra Est ed Ovest e poi all’abbattimento del Muro di Berlino.
Poiché spostare risorse pubbliche dal diritto alla salute, all’istruzione e al welfare ai profitti dell’industria bellica internazionale non è facile da far digerire ai popoli europei, nel documento c’è un inquietante capitolo sul tema Difesa e società che fornisce indicazioni su come preparare le opinioni pubbliche alla guerra, al fine di “sviluppare una comprensione condivisa e un allineamento delle percezioni delle minacce in tutta Europa”. A questo scopo, il documento “invita l’UE e i suoi Stati membri a mettere a punto programmi educativi e di sensibilizzazione, in particolare per i giovani, volti a migliorare le conoscenze e a facilitare i dibattiti sulla sicurezza, la difesa e l’importanza delle forze armate”. Chiede di preparare i cittadini alla guerra promuovendo “la resilienza psicologica degli individui e la preparazione delle famiglie”, anche attraverso “cooperazione tra le istituzioni di difesa e le università degli Stati membri dell’UE, quali corsi militari, esercitazioni e attività di formazione con giochi di ruolo per studenti civili”, oltre che mettere a punto strategie che aumentino “l’attrattiva professionale” per il reclutamento militare, fino alla promozione di un programma “Erasmus militare”.
Mentre il programma di scambio giovanile Erasmus prende il nome da quell’Erasmo da Rotterdam, punto di riferimento culturale ed educativo del progetto di un’ Europa di pace, la politica delle Istituzioni europee e dei governi nazionali obbediscono, invece, all’obbligo esplicitato dal segretario generale della Nato Mark Rutte di “passare ad una mentalità di guerra”, come passo preliminare e fondamentale per far accettare le politiche di riarmo nazionale che preparano la guerra globale. “Intossicando” strumentalmente l’opinione pubblica, come già avvenuto con l’interventismo nella preparazione della prima guerra mondiale, come ricorda anche lo storico Alessandro Barbero (Armi e sindrome dell’invasione: come nel ‘14 prima della guerra, Il Fatto Quotidiano, 6 aprile 2025).
Eppure gli italiani, nonostante tre anni di inoculazione del virus tossico della guerra, sembrano avere forti e costituzionali anticorpi pacifisti, se sondaggio dopo sondaggio sono sempre più contrari al riarmo, alla continuazione delle guerra in Ucraina, all’invio di truppe sul terreno (94,2%!, Euromedia), e riempiono le piazze per la pace. Più prossimi ai sani di mente Albert Einstein, Bertrand Russell ed Erasmo da Rotterdam che a Ursula von del Lyen ed ai folli apprendisti stregoni del bellicismo. Ma per invertire il piano inclinato, oltre i sondaggi e le piazze, serve l’impegno quotidiano di tutti e ovunque per il disarmo e la nonviolenza: pensare e agire in modo nuovo.