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Alberi e memoria

DiDaniele Lugli

Gen 21, 2019

Già la sola presenza della Segre giustifica la permanenza del Senato e ne riscatta molte insufficienze.

Altri eventi si annunciano da qui al 27. Densa è la giornata di lunedì 21 gennaio che, quest’anno, coincide con il Capodanno degli alberi della tradizione ebraica. E gli alberi con la memoria hanno molto a che fare.

Alla mattina, al MEIS, Simon Levis Sullam presenta l’antologia da lui curata “1938. Storia, racconto, memoria”. Nel fecondo incontro di storici e scrittori è una prima risposta alla domanda “quando non ci saranno più testimoni diretti – come la straordinaria Liliana Segre – chi potrà raccogliere l’eredità dei sopravvissuti e trasmetterla alle nuove generazioni?”.

Sempre al MEIS, al pomeriggio Alessandro Barban e Antonio Carlo Dall’Acqua propongono il loro libro “Etty Hillesum. Osare Dio”. È un ritorno: il libro è stato presentato a Ferrara cinque anni fa. Segue il cammino di una giovane straordinaria, morta ad Auschwitz a 29 anni, capace di compassione anche nei confronti dei propri carnefici.

Alla sera, infine, al Ridotto del Teatro comunale un ricordo – con letture e musica – del maestro Vittore Veneziani, al quale è intitolata la locale corale. Veneziani, chiamato da Arturo Toscanini, cessò dall’incarico di direttore del coro della Scala per le leggi razziste.

Non meno importanti sono le presentazioni di libri, sempre al MEIS, il giorno successivo. Al mattino Daniel Vogelmann presenta “Piccola autobiografia di mio padre”, Schulim sopravvissuto ad Auschwitz, a differenza della moglie e della figlia. Dire Vogelmann è dire Edizioni Giuntina. A me piace che Daniel si sia risolto a scrivere principalmente per le nipotine.

Al pomeriggio Fabio Isman presenta la sua opera “1938, l’Italia razzista. I documenti della persecuzione contro gli ebrei”. Con oltre quattrocento provvedimenti di crescente gravità gli ebrei, prima di essere consegnati al carnefici, non potevano possedere una casa, un’impresa, un lavoro e neppure oggetti.

È importante la memoria alla quale siamo richiamati in questi tempi di rigurgiti razzisti. Ce lo ricorda Alessandro Galante Garrone. “Non dobbiamo mai dimenticare, quando prendiamo in esame le leggi antisemite del 1938 e le liste degli israeliti che furono burocraticamente compilate in attuazione di quelle leggi e lo zelo dei funzionari, che la suprema infamia del grande olocausto degli ebrei è cominciata in Italia proprio con queste leggi, e con tutto quello che le accompagnò e le seguì”.

Anche piantare alberi può servire. Penso al Giardino dei Giusti di Gerusalemme ormai saturo di alberi, piantati dagli anni Sessanta ai Novanta, in onore di chi, non ebreo, si è opposto attivamente alla persecuzione. Da allora i nomi che si aggiungono sono incisi in un muro d’onore.

Il legame tra albero, memoria e vita è forte. Crescono e – anno dopo anno, anello dopo anello – segnano il passare del tempo con la loro presenza vitale. L’altro giorno ho visto con piacere – diventata una splendida pianta – la farnia, che un amico caro ha piantato alla nascita della mia, ora ventunenne, nipote.

Così mi dà piacere pensare della coincidenza tra gli incontri del MEIS e il Capodanno degli alberi. Dalla sera di domenica 20 alla sera di lunedì 21 gennaio 2019, è Tu Bishvat, il 15 del mese di Shevat ovvero Rosh Hashana Lailanot, che non è proprio una festa ma un giorno speciale. Interessanti sono la storia, i riti che l’accompagnano, i significati simbolici, il rapporto con le realtà nascoste intravviste dalla mistica. A me piace che sia un giorno che ci ricorda il nostro legame con la natura, l’invito a mangiare frutta e a bere pure vini diversi (purché buoni e fatti bene). Ho una cena con l’amico caro, proprio la sera del 20. È una coincidenza, ma lui direbbe che le coincidenze non esistono.

In questa ricorrenza i bambini israeliani piantano alberelli. Spero lo facciano anche altrove, con la serietà che è propria dei bimbi e per l’importanza dell’azione. C’è un detto che lo sottolinea “Se stai piantando un albero e ti dicono che è arrivato il Messia, prima finisci di piantare l’albero e poi vai ad accogliere il Messia”.

Di Daniele Lugli

Daniele Lugli (Suzzara, 1941, Lido di Spina 2923), amico e collaboratore di Aldo Capitini, dal 1962 lo affianca nella costituzione del Movimento Nonviolento di cui sarà nella segreteria dal 1997 per divenirne presidente, con l’adozione del nuovo Statuto, come Associazione di promozione sociale, e con Pietro Pinna è nel Gruppo di Azione Nonviolenta per la prima legge sull’obiezione di coscienza. La passione per la politica lo ha guidato in molteplici esperienze: funzionario pubblico, Assessore alla Pubblica Istruzione a Codigoro e a Ferrara, docente di Sociologia dell’Educazione all’Università, sindacalista, insegnante e consulente su materie giuridiche, sociali, sanitarie, ambientali - argomenti sui quali è intervenuto in diverse pubblicazioni - e molto altro ancora fino all’incarico più recente, come Difensore civico della Regione Emilia-Romagna dal 2008 al 2013. È attivo da sempre nel Terzo settore per promuovere una società civile degna dell’aggettivo ed è e un riferimento per le persone e i gruppi che si occupano di pace e nonviolenza, diritti umani, integrazione sociale e culturale, difesa dell’ambiente. Nel 2017 pubblica con CSA Editore il suo studio su Silvano Balboni, giovane antifascista e nonviolento di Ferrara, collaboratore fidato di Aldo Capitini, scomparso prematuramente a 26 anni nel 1948

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