• 5 Dicembre 2024 15:50

Alla ricerca del soggetto della storia

DiDaniele Lugli

Mar 27, 2023

Per compiere la vostra missione, dovete fare

precisamente il contrario di ciò che è stato prima di voi.

Maximilien Robespierre 10 maggio 1793

 

 

In sette abbiamo preso in mano il “Saggio sul soggetto della storia” di Aldo Capitini. Un testo non molto noto e frequentato. Ci ripromettiamo di completarne la lettura assieme, in quattro incontri settimanali. Tre ci sono stati. L’ultimo è vicino. Mi restano alcuni appunti e spunti.

Leggiamo la prima parte, divisa in brevi capitoli: Platonismo e romanticismo, La soluzione aristotelico hegeliana, Insoddisfazione religiosa, Dall’io all’uno-tutti, Il valore, Il paradiso. Capitini indica in Platone, Kant e nel romanticismo gli antecedenti dello storicismo per la distanza che, in modo diverso, pongono tra fatto e valore. La connessione tra fatto e valore da Aristotele a Hegel è ricercata attraverso l’operare delle cause e delle dialettiche. La sensibilità esistenzialistica è insoddisfatta di una visione totale nella quale il singolo scompare. È però consegnato a un agire inefficace e stancante.  Vivere il proprio presente come limitato porta a considerare il presente degli altri. È una tensione, un appassionamento, un passaggio dall’Io al Tu e di qui all’Uno-Tutti. È ricerca del valore, chiamando alla presenza, alla collaborazione, anche gli abitanti delle insufficienze, i particolarmente chiusi nei limiti. Incremento corale del valore è incrementare una diversa, migliore realtà. È il paradiso che intravediamo nel quale vita si fa presenza e realtà si fa valore.

La seconda parte, più ampia della prima in successivi capitoli, fa i conti con lo storicismo nella più matura versione di Croce. Dall’umanismo allo storicismo idealistico: “il trapasso dall’umanismo allo storicismo è passaggio dallo spirito inteso come avente qualcosa fuori e contro di sé, allo spirito inteso come Tutto”. L’evocazione di pensatori che attestano il carattere di “espansione dell’umanismo” – da Ficino (l’animo umano cupit, conatur, incipit deus fieri, proficitque quotidie) a Bruno, passando per Copernico – desta qualche perplessità quanto alla preparazione necessaria per seguire Capitini nei suoi richiami filosofici. Preziose sono le pillole di informazione che vengono fornite. Non da me.

Il concetto di tutto. Alla “euforia dello Hegel: un tutto percorso da dialettiche, e nel quale ogni fatto particolare ha la sua ragione”, si giunge con “uno sguardo alla storia del concetto”. Sono chiamati in causa come precursori di Kant ed Hegel, oltre a Platone e Aristotele, la filosofia eleatica, Plotino, Cusano, Spinoza. Il Tutto crociano, pur con l’attenzione ai valori, sembra poter valere di per sé e “l’Atto assomiglia a un Tutto”. Così pure la lezione di Gentile, mai citato, appare insufficiente.

Il problema dello storicismo, per il quale il corso storico è “trapasso dal bene al meglio”, è “il pericolo che si resti come si è”, mentre lo Spirito fa quel che occorre. La posizione etico religiosa subordina l’azione a un valore, tende a una società giusta, conosce cioè si tende, ama, vive la parola-pensiero. Affronta il rischio dell’irrazionalismo.

Lo svolgimento tagliato. Da Vico a Hegel vi è armonia “tra lo svolgimento nel tempo e lo svolgimento ideale”. La posizione etico religiosa “taglia l’ottimistico svolgimento storico e approfondisce…  io cerco una realtà in cui l’individuo non muoia, sia presente in eterno”. Sostituire all’irrazionalismo un’esecuzione superiore, cioè sostituire “all’esistenza la presenza, alla realtà bruta il valore, alla rivolta la società giusta, all’orgia la tensione religiosa”.

La terza parte mi sembra percorsa con maggior soddisfazione. Cristianesimo e libertà più dell’istituzione. La sola accettabile, infatti, dovrebbe coincidere “con l’intimo di ciascuno, con il suo svolgersi” con “la storia in atto” e non “una limitata istituzione ecclesiastica o politica o economica”.  Il socialismo in senso moderno “vuol togliere un ostacolo, il capitalismo, al maggior sviluppo della libertà di tutti”. Perciò “deve spogliarsi di ogni tentazione dogmatica e adeguarsi al libero, infinito sviluppo della verità-pensiero”.  L’inquadramento dell’attività economica: “l’aumento di produzione deve essere tale che giovi a tutti… La tensione sociale pone il termine ideale nel mondo, ma innanzi, raggiungibile, ma con sforzi, concreto ma nell’avvenire… Non esiste investitura a una chiesa, a uno Stato, a una gerarchia; ma nel reale agire e tendere alla giustizia avviene, momento per momento, l’investitura”.

Il regno della libertà superante il regno della necessità. “Allo schema rivoluzione economica prima per superare il regno della Necessità, regno della Libertà poi, si sostituisce l’anticipazione del regno della Libertà proprio con la tensione a superare il regno della Necessità”. Non è un’aggiunta teorica, ma affidata a prassi precise, superando riformismo e comunismo. Più consapevole il primo della complessità, ma in difficoltà nel distacco dalla realtà attuale. Più persuaso della necessità del distacco il secondo e meno della complessità.

La classe sovraeconomica: “San Francesco, Beethoven, Leopardi, Michelangelo, di che classe sono? E di che classe era la donna che nella solitudine del suo animo compì un sacrificio, l’uomo che dette un atto di bontà al posto di un atto di malvagità? … Il socialismo è la tensione a che valga assolutamente questa classe (della bontà, della poesia ecc.) e che la struttura sociale non sia che il miglior strumento per il suo svolgimento, per la sua evidenza”. Il socialismo come evocatore del soggetto della storia “Il lavoratore senza proprietà e senza potere è il termine di riferimento più preciso e più dinamico per la tensione alla nuova realtà sociale; ma nel mutarsi di questo fatto in azione il proletariato entra dal suo essere nel quadro di dover essere; altrimenti il proletariato non darebbe luogo che a un’appendice poco significativa della realtà precedente. Un povero guarda Cristo e crede alla sua parola, un altro povero acclama nel circo l’imperatore. Se si è convinti che non basti la proprietà dei mezzi di produzione e il potere specialmente dittatoriale a fare del proletariato un produttore di valori, bisogna subito aggiungere la produzione di questi valori, alla dialettica delle classi sostituire una dialettica per aggiunzione dei valori all’istituzione, alle strutture sociali… Dove sono i proletari che soffrirono e perirono sotto il capitalismo? Quegli individui il Marx non li vede più come non li vedeva più lo Hegel che gli aveva insegnato che i morti sono ben morti. Ma gli storicisti come lo Hegel si rassegnano dicendo: però che bella civiltà hanno fatto; e così doveva essere. Marx freme: ma ora non sarà più così. Aggiungiamo: non sarà così perché, mentre faremo che non sia così, sentiamo che così non è… e l’Uno-Tutti si china su ogni singolo”.

Ci manca l’ultima parte. Vedo che comincia con una citazione di Fichte. È di buon auspicio: tra amici ripetiamo spesso “Per me Fichte ha ragione”, storica risposta data, molti anni fa, all’esame di maturità da un giovane di una città che mi è cara. L’insistenza del commissario nell’interrogare, ottiene dal maturando la medesima risposta: “Per me Fichte ha ragione”. Finita – disastrosamente – l’interrogazione lamenta “Proprio uno che ce l’aveva con Fichte dovevo trovare”. A prescindere da Fichte e dalle sue ragioni, il soggetto, che Capitini sembra proporre, non è niente male. Sarà perché sono ancora un po’ socialista, ma mi piacerebbe ci fosse, o almeno si provasse a costruirlo.

 

Di Daniele Lugli

Daniele Lugli (Suzzara, 1941, Lido di Spina 2023), amico e collaboratore di Aldo Capitini, dal 1962 lo affianca nella costituzione del Movimento Nonviolento di cui sarà nella segreteria dal 1997 per divenirne presidente, con l’adozione del nuovo Statuto, come Associazione di promozione sociale, e con Pietro Pinna è nel Gruppo di Azione Nonviolenta per la prima legge sull’obiezione di coscienza. La passione per la politica lo ha guidato in molteplici esperienze: funzionario pubblico, Assessore alla Pubblica Istruzione a Codigoro e a Ferrara, docente di Sociologia dell’Educazione all’Università, sindacalista, insegnante e consulente su materie giuridiche, sociali, sanitarie, ambientali - argomenti sui quali è intervenuto in diverse pubblicazioni - e molto altro ancora fino all’incarico più recente, come Difensore civico della Regione Emilia-Romagna dal 2008 al 2013. È attivo da sempre nel Terzo settore per promuovere una società civile degna dell’aggettivo ed è e un riferimento per le persone e i gruppi che si occupano di pace e nonviolenza, diritti umani, integrazione sociale e culturale, difesa dell’ambiente. Nel 2017 pubblica con CSA Editore il suo studio su Silvano Balboni, giovane antifascista e nonviolento di Ferrara, collaboratore fidato di Aldo Capitini, scomparso prematuramente a 26 anni nel 1948

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