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Continuate in ciò che era giusto

DiDaniele Lugli

Giu 10, 2018

Il suo appello scandalizza molti tra quelli a lui più vicini. Neppure io sono del tutto convinto. Ricordiamo che è meglio un anno di trattative che un giorno di guerra, che la violenza non ferma la violenza, ma la alimenta… Oggi quel che è stato motivo di scandalo può – deve – essere di riflessione. Ripercorriamo quella vicenda.

Il 26 giugno è a Cannes con altri parlamentari europei e presenta ai Capi di stato e di governo riuniti l’appello L’Europa nasce o muore a Sarajevo, nel quale è la richiesta di intervento.

In un articolo immediatamente successivo elenca i provvedimenti più urgenti per far fronte agli orrori della ex Jugoslavia. 1. Ristabilire il valore del diritto con l’istituzione del Tribunale penale internazionale; 2. Offrire la prospettiva d’integrazione europea alle popolazioni che avevano perduto la precedente casa comune; 3. Sostenere le forze di dialogo interne, non avendo come soli

interlocutori i signori della guerra; 4. Prevenire il conflitto in Kosovo, Macedonia, Vojvodina, minacciati dall’espansione della guerra; 5. Realizzare un corpo civile europeo, accanto alla forza di polizia internazionale dell’ONU.

Quest’ultimo aspetto è al centro della sua proposta. Con l’assistenza di Ernst Gülcher redige infatti dettagliati appunti Per la creazione di un corpo civile di pace dell’ONU e dell’Unione Europea. Alcune idee, forse anche poco realistiche. Ipotizza almeno un migliaio di persone, tra professionisti e volontari, adeguatamente formati e con le dotazioni necessarie per intervenire nei conflitti prima dell’esplosione della violenza, capaci di permanervi utilmente anche nella fase acuta e di operare per restaurare e ricomporre le relazioni al termine della fase più cruenta. Sono appunti, ma i temi sono enucleati con precisione. Direi che non manca nulla: Perché dei corpi civili di pace; Organizzazione; Compiti; Quale professionalità; Qualità; Nazionale/internazionale, uomo/donna, anziani/giovani; Volontariato solidale; Professionisti/volontari; Addestramento; Come preparare le operazioni dei CCP; Finanziamento; Le relazioni con i militari. Langer è convinto dell’utilità dei Corpi di pace, ma sa che non vi è garanzia di successo nelle sue azioni. Nelle conclusioni scrive Un’operazione del Corpo di pace può fallire e nessuno si dovrebbe vergognare ad ammetterlo. Un fallimento di un’azione di pace lascia però – credo di poter affermare –meno macerie di un riuscito intervento militare.

Gli appunti, con una rassegna delle limitate iniziative, che si sono mosse seguendo quelle indicazioni, meritano un’integrale lettura. Sono note che hanno una decina di anni. Restano attuali non essendoci stati molti progressi in questo campo. Una riproposizione recente dei Corpi di pace è nella proposta di legge, frutto della campagna Un’altra difesa è possibile, non giunta in discussione per lo scioglimento delle Camere. Langer è ben convinto dell’urgenza della sua proposta Per il 7 luglio 1995 programma a Bruxelles un incontro tra esponenti dei movimenti di pace ed esperti internazionali, per una risoluzione parlamentare di istituzione dei Corpi civili europei di pace. Ma il 3 luglio rinuncia alla vita, quasi schiacciato dalle troppe vicende delle quali si è fatto carico. Cosa significasse per lui Fare la pace è chiarissimo dalla raccolta, che ha questo titolo, degli scritti su Azione nonviolenta, 1984-1995. Il suo pensiero al riguardo è chiarissimo nell’aprile del ‘91 alla Citizens Assembly di Roma: I movimenti per la pace devono, infatti, sforzarsi di essere sempre meno costretti ad improvvisare per reagire a singole emergenze, ed attrezzarsi invece a sviluppare idee e proposte forti, capaci di aiutare anche la prevenzione, non solo la cura di crisi e conflitti… Dobbiamo, dunque, preoccuparci di alternative credibili, se non vogliamo finire per arrenderci alle “guerre giuste”.

È quello che avviene. Leggo sul sito dell’esercito che L’Esercito Italiano opera con la consapevolezza che le operazioni militari contribuiscono e stimolano la crescita del Paese, ma soprattutto promuovono la coscienza dell’importanza per l’Italia di assumere ruoli di sempre maggiori responsabilità anche in campo internazionale. L’output operativo che l’Esercito esprime all’estero con i propri uomini e donne rappresenta uno stimolo alla stabilità e allo sviluppo, condizioni necessarie per riportare la speranza nelle aree del globo particolarmente martoriate. ​Un impegno a tutto campo nell’ambito dell’ONU, della NATO e dell’UE, condotto nelle aree di maggior interesse strategico per la Nazione.

C’è un elenco di operazioni concluse, quasi tutte dai nomi suggestivi: in Afghanistan, Albania, Bosnia, Macedonia, Iraq, Libano, Mozambico, Pakistan, Repubblica centro africana, Ciad, Georgia, Haiti, Kurdistan, Marocco, Medio Oriente, Namibia, India, Ruanda, Somalia, Timor Est… Sono tutte aree di evidente interesse strategico della Nazione. La crescita del nostro Paese ne è stata senza dubbio stimolata. Non so come saremmo messi se non ci fossero state queste missioni. E nei Paesi dove si sono svolti gli interventi sono evidenti gli effetti in termini di speranza, stabilità e sviluppo. Ora sono in corso nuove operazioni, con l’Onu, la Nato, l’Unione Europea, e altre per accordi diretti. Sono novemila militari in tutto, in terra e mare (contro la pirateria), un po’ per ogni dove. I paesi sono in gran parte gli stessi. Quando finisce una missione ce n’è un’altra con un altro nome. E dunque ancora Afghanistan, Albania, Bosnia, Macedonia ora Fyrom (Former Yugoslav Republic of Macedonia. per non irritare i greci; sempre per lo stesso motivo, credo, l’Italia ha autorizzato la presenza di un solo militare) Iraq, contro l’Isis, Libano, Mozambico, Pakistan, Marocco, Medio oriente, India, Somalia. Non comprese nel primo elenco mi sembrano Cipro, Emirati arabi uniti, Mali e i paesi baltici: Estonia, Lettonia, Lituania. C’è pure una missione in Antartide dove i nostri militari scienziati hanno fatto, leggo, ottima figura. Spero che le attuali missioni riparino un po’ dei danni fatti generalmente con le precedenti. Le due in Egitto non hanno certo competenza su Regeni. Guardano verso la Palestina e Israele.

La proposta di Alex è stata poco considerata anche da chi ha voluto essere, in diverso modo, costruttore di pace. Ripensata alla luce dei problemi odierni, delle esperienze fatte e faticosamente in atto potrebbe avere un’altra sorte, importante e decisiva. Come è stato detto La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata testata d’angolo.

Di Daniele Lugli

Daniele Lugli (Suzzara, 1941, Lido di Spina 2923), amico e collaboratore di Aldo Capitini, dal 1962 lo affianca nella costituzione del Movimento Nonviolento di cui sarà nella segreteria dal 1997 per divenirne presidente, con l’adozione del nuovo Statuto, come Associazione di promozione sociale, e con Pietro Pinna è nel Gruppo di Azione Nonviolenta per la prima legge sull’obiezione di coscienza. La passione per la politica lo ha guidato in molteplici esperienze: funzionario pubblico, Assessore alla Pubblica Istruzione a Codigoro e a Ferrara, docente di Sociologia dell’Educazione all’Università, sindacalista, insegnante e consulente su materie giuridiche, sociali, sanitarie, ambientali - argomenti sui quali è intervenuto in diverse pubblicazioni - e molto altro ancora fino all’incarico più recente, come Difensore civico della Regione Emilia-Romagna dal 2008 al 2013. È attivo da sempre nel Terzo settore per promuovere una società civile degna dell’aggettivo ed è e un riferimento per le persone e i gruppi che si occupano di pace e nonviolenza, diritti umani, integrazione sociale e culturale, difesa dell’ambiente. Nel 2017 pubblica con CSA Editore il suo studio su Silvano Balboni, giovane antifascista e nonviolento di Ferrara, collaboratore fidato di Aldo Capitini, scomparso prematuramente a 26 anni nel 1948

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