• 18 Aprile 2024 3:32

Costruire il futuro con migranti e rifugiati

DiDaniele Lugli

Mar 20, 2023

Lo sforzo della civiltà attuale è di reagire all’atomismo,

a sentirsi come atomi staccati dagli altri, e perciò paurosi e violenti.

Si vuol provare e sentire più vivamente qualcosa

che superi l’individuo isolato e gli offra forze e rifugio.

Aldo Capitini

Il diritto d’asilo. Report 2022: Costruire il futuro con i migranti e i rifugiati” è da leggere. Intanto una buona sintesi si può trovare. È un privilegio essere alla presentazione, coordinata da Orsetta Giolo, filosofa del diritto, nei giorni scorsi a Ferrara, con il pubblico giusto e i giusti relatori.

Il pubblico è formato dagli studenti dei corsi di sociologia del diritto, di diritto europeo e dell’immigrazione, delle cliniche legali, particolarmente attenti perciò all’azione dei gruppi criminali, alla normativa e prassi europee, alla condizione dei migranti detenuti. Sono inoltre presenti numerosi volontari impegnati nell’accoglienza. I rappresentanti delle istituzioni, Prefetto Rinaldo Argentieri e Dirigente ufficio immigrazione della Questura, Elisabetta Balsamo, non si limitano a saluti formali. Condividono la loro esperienza e rimangono fino al termine del dibattito, prendendovi parte. L’arcivescovo della diocesi Gian Carlo Perego è Presidente della fondazione Migrantes e riferisce pure sulla situazione locale. Gianfranco Schiavone dell’Asgi e Alessandra Annoni, docente di Diritto europeo dell’immigrazione e di Internazionale offrono significativi contributi alla presentazione del rapporto, affidata a Cristina Molfetta, curatrice della stesura dell’introduzione, che sottolinea il carattere corale del lavoro compiuto. Il report si distende in 440 pagine, ricche di dati e di storie. Quindici esperti intervengono con i loro saggi sui differenti temi.

Con le presenze, che apprezzo, ho modo di valutare come positiva l’assenza dell’Amministrazione comunale, che pure avrebbe un ruolo molto importante nell’asilo. È evitata così una delle consuete esternazioni, non si sa se più incompetenti o crudeli, nei confronti di una realtà che tutti ci coinvolge. In questo momento l’Amministrazione è impegnata a sfrattare un Centro sociale, aderente all’ANCeSCAO, il cui solo nome, “La Resistenza” (è in via Resistenza), produce evidenti allergie. È un’azione in contrasto con i termini della concessione tuttora in corso. Lo sfratto, meglio il mancato rinnovo della concessione (scaduta in questo caso) riguarda pure il Centro Servizi del volontariato, riferimento dell’intero terzo settore, sede di 21 associazioni, con assidua presenza di altre 45, che vi hanno sede legale. Della sua competente attività anche questa amministrazione si è fin qui avvalsa. La motivazione sarebbe il rientrare degli spazi interessati in un complessivo progetto di rigenerazione urbana.

La relatrice, Cristina Molfetta – antropologa con 15 anni di esperienza nella cooperazione internazionale e assidua presenza nei campi che ospitano in orride condizioni i rifugiati – offre un’efficace sintesi del rapporto. Per averne un’idea resta raccomandabile la visita al sito che indico in apertura. Scorrendo le parti in cui è suddiviso – “Dal mondo con lo sguardo rivolto all’Europa”, Tra l’Europa e l’Italia”, “Guardando all’Italia”appare chiaro come della crescente ondata migratoria solo uno schizzo arrivi in Europa e una goccia all’Italia, che si lamenta invasa. Più di 100 milioni di persone nel mondo sono in fuga per condizioni intollerabili nel proprio paese. Sette su dieci si rifugiano in uno Stato confinante. Solo una piccola parte arriva in Europa. Prima della guerra ucraina e della straordinaria emigrazione intraeuropea che si è generata – di questa, giustamente, poco ci si lamenta – i rifugiati in Italia sono 145 mila, in Francia 500 mila, in Germania 1 milione e 256 mila. Se poi si guarda all’incidenza sulla popolazione, la Grecia ha quasi 12 rifugiati ogni 1.000 abitanti contro i nostri due e poco più. Ripeto: una goccia. Non c’è bisogno di farla diventare di sangue…

Il rapporto ci ricorda le grandi cause che costringono e costringeranno alla fuga sempre più persone: guerre (noi vediamo solo l’Ucraina, ma ce ne sono almeno altre 46 in corso, mentre la spesa militare mondiale supera i 2 mila miliardi di dollari), persecuzioni, disuguaglianze e povertà, fame, sete e cambiamento climatico, tratta e schiavitù.

Ci sono cose che si possono fare per affrontare le cause. Molte stanno scritte nei trattati, negli impegni internazionali, naturalmente del tutto disattesi. Un solo esempio in un campo in cui la relatrice è particolarmente competente. “Aiutiamoli a casa loro” è il mantra che si sente ripetere. Più di cinquanta anni fa, nel 1970, con gli altri membri del Comitato per gli Aiuti allo Sviluppo dell’Ocse, l’Italia si impegna a destinare alla cooperazione internazionale, ogni anno, almeno lo 0,7% del suo Reddito nazionale lordo. Dieci anni fa, con la legge 125, detta la Disciplina generale sulla cooperazione internazionale per lo sviluppo. La somma destinata resta allo 0,28%, comprensiva addirittura degli importi a Libia e Niger perché ci tengano lontano i possibili richiedenti asilo. Nessuno può considerarli aiuto allo sviluppo. Certo è più semplice pensare che a mandarci gli africani sia la Wagner, criminale compagnia di mercenari al servizio di Putin. Vista l’efficacia potremmo rinverdire gloriose tradizioni di compagnie di ventura. Suggerirei la costituzione di una Verdi, meglio di una Wagner.

Dall’esperienza dell’Ucraina avremmo potuto trarre la positività della protezione temporanea per estenderla a tutti i rifugiati, in attesa di definire la loro posizione. Così pure si è visto che la mobilità interna all’UE non produce gli sconquassi temuti. Invece la Commissione è tutta impegnata a rafforzare, con l’entusiasmo degli Stati, le barriere esterne e incrementare i rimpatri: solo uno su cinque va a buon fine. Così non vi è effetto dissuasivo rispetto agli arrivi. L’Italia di suo aggiunge la lotta alle ONG: se sanno che li cerchi in mezzo al mare partono di più. Se voluti o no, evitabili o meno naufragi mortali si verificano anche al momento dell’arrivo, l’effetto dissuasivo è potente. Si aggiunge il reato di scafismo, con pene straordinarie. È un’altra grida, ancor più vigorosa e notabile della cui inutilità siamo consapevoli almeno dai tempi de I promessi sposi.

Da sottolineare ancora è il contributo offerto al rapporto dai rifugiati stessi. La loro voce, normalmente inascoltata, è infatti preziosa. La loro conoscenza, fondata su esperienze sofferte e profonde, può fornire utili indicazioni, correggere almeno le pratiche più inique.

Di indicazioni il rapporto ne offre molte, oltre a denunciare l’inadeguatezza (o peggio) delle norme e prassi esistenti. Il nostro è un Paese sempre meno accogliente anche verso i propri cittadini, i giovani in particolare. Il numero di chi emigra supera quello di chi immigra. Una miglior conoscenza di questa realtà è nel corposo “Rapporto italiani nel mondo 2022”, sempre a cura della Fondazione Migrantes. Sono 430 pagine di statistiche e saggi.

Infine alle tre parti indicate, che illustrano un quadro mondiale, europeo e nazionale, si aggiunge un “Approfondimento teologico” che può essere apprezzato anche da chi non ha alcuna conoscenza teologica, ma condivide il messaggio del Papa sul tema: il ripudio della guerra come fratricidio e la costruzione di un futuro di pace, con la collaborazione attiva di migranti e profughi. La pace è un progetto inclusivo e “la storia – afferma il Papa – ci insegna che il contributo dei migranti e dei rifugiati è stato fondamentale per la crescita economica e sociale della nostra società”.

Proprio in apertura dell’incontro il vescovo ha ricordato i verbi essenziali, che riassumono il compito di chi, senza alcun merito, è nato nella parte più fortunata del mondo: accogliere, tutelare, promuovere, integrare. Non mancano, fortunatamente, esempi di virtuose coniugazioni dei quattro verbi, ma occorre fare più e meglio. A ciascuno spetta la propria parte. In questa è ricompresa la scelta, almeno decente, dei responsabili delle diverse istituzioni, locali, nazionali ed europee, nelle quali è possibile intervenire con il voto. Anche se non basta.

Di Daniele Lugli

Daniele Lugli (Suzzara, 1941, Lido di Spina 2923), amico e collaboratore di Aldo Capitini, dal 1962 lo affianca nella costituzione del Movimento Nonviolento di cui sarà nella segreteria dal 1997 per divenirne presidente, con l’adozione del nuovo Statuto, come Associazione di promozione sociale, e con Pietro Pinna è nel Gruppo di Azione Nonviolenta per la prima legge sull’obiezione di coscienza. La passione per la politica lo ha guidato in molteplici esperienze: funzionario pubblico, Assessore alla Pubblica Istruzione a Codigoro e a Ferrara, docente di Sociologia dell’Educazione all’Università, sindacalista, insegnante e consulente su materie giuridiche, sociali, sanitarie, ambientali - argomenti sui quali è intervenuto in diverse pubblicazioni - e molto altro ancora fino all’incarico più recente, come Difensore civico della Regione Emilia-Romagna dal 2008 al 2013. È attivo da sempre nel Terzo settore per promuovere una società civile degna dell’aggettivo ed è e un riferimento per le persone e i gruppi che si occupano di pace e nonviolenza, diritti umani, integrazione sociale e culturale, difesa dell’ambiente. Nel 2017 pubblica con CSA Editore il suo studio su Silvano Balboni, giovane antifascista e nonviolento di Ferrara, collaboratore fidato di Aldo Capitini, scomparso prematuramente a 26 anni nel 1948

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