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Dobbiamo avere qualcosa che non va: soprattutto noi uomini

DiDaniele Lugli

Mar 4, 2018

Helen Evans, già garante di Oxfam, parla di una «cultura dell’abuso sessuale», dagli stupri in Sud Sudan ai festini con le prostitute-bambine di Haiti, perpetrati da appartenenti alla grande organizzazione, che pure ha molti meriti. Medici senza frontiere svolge indagini all’interno e individua nelle proprie strutture 40 casi di abusi, in 24 casi sessuali, con 19 licenziamenti. Save the children, esaminate varie denunce interne, ha proceduto a 16 licenziamenti e 10 denunce alle autorità preposte. Per molestie a tre donne dello staff si è dimesso recentemente l’ex numero uno di Save the children, Justin Forsyth, mentre ancora ne era vice direttore esecutivo. Pochi mesi prima lo aveva fatto il suo amico Brendan Cox, già capo strategia dell’organizzazione. Gli uomini si sono molto scusati e le loro dimissioni hanno evitato procedimenti disciplinari. In nessun caso però erano coinvolti bambini. È giunta la denuncia: Siria, abusi su donne da operatori dell’Onu e di altre ong: «Scambiavano cibo con sesso». Lo dice alla Bbc una cooperante, Danielle Spencer, secondo la quale molte non vanno ai centri di distribuzione degli aiuti per non subire il ricatto. È una realtà conosciuta da anni e documentata in diversi rapporti, ma volutamente ignorata. Taccio degli scandali che riguardano strutture religiose. È importante che ci sia la massima vigilanza, anche se va ricordato che 19 licenziati da Medici senza frontiere vanno riportati alla presenza di oltre 40mila operatori. Se le cose vanno così tra chi si propone in compiti di aiuto come vanno nel resto della società?

La molestia sessuale, di vario tipo e diversa intensità, sembra far parte dell’esperienza di vita di quattro donne italiane su dieci, tra i quattordici e i sessantacinque anni. Questo ci dice il rapporto Istat. Sono nove milioni di donne. I molestatori sono tutti uomini. Anche i maschi non sono indenni: tre milioni hanno subito molestie. Gli autori sono nella stragrande maggioranza uomini, anche se si segnala un 15% di donne.

È la prima volta che l’inchiesta riguarda anche vittime maschi. Per le donne invece è possibile fare un raffronto con una stima di otto anni fa. I casi sono in calo piuttosto netto. È confortante, ma i fatti più gravi (femminicidi, stupri, ricatti sessuali) sono stabili.

Sul posto di lavoro si registrano veri e propri, ripetuti, ricatti. Sette donne su dieci considerano grave quanto sono costrette a subire. Tuttavia solo una su cinque confida quanto le accade e solo una su cento si risolve alla denuncia.

Anche il web fa la sua parte, con proposte inappropriate, commenti osceni e maligni attraverso i social network. Vittime più le donne che gli uomini, ma ci sono anche questi.

http://www.istat.it/it/files/2018/02/statistica-report-MOLESTIE-SESSUALI-13-02-2018.pdf?title=Molestie+sessuali+sul+lavoro+-+13/feb/2018+-+Testo+integrale+e+nota+metodologica.pdf

Il web può avere però un ruolo di rilievo nelle denunce. Lo attesterebbero le centinaia di interventi di donne musulmane molestate addirittura nei loro pellegrinaggi religiosi. La giornalista egiziana americana Mona Eltahawy ha parlato della sua pessima esperienza durante l’Hajj nel 2013, e iniziato a usare l’hashtag #MosqueMeToo, dopo che Sabica Khan, pakistana molestata alla Mecca ne aveva scritto su Facebook. Da allora altre si sono fatte coraggio e a centinaia hanno detto di avere subito, proprio nella città più sacra, durante il grande pellegrinaggio (Hajj) o quello minore (Umra).

Sono donne di età e provenienza diversa. Denunciano la sensazione di insicurezza. L’essere circondate e importunate quando isolate, palpeggiate e strofinate nella calca dei fedeli. Non ho letto di più gravi abusi. Poca la presenza di polizia, difficile e forse inutile farvi ricorso. Una donna molestata ricorda un sollecito intervento nei suoi confronti: rimproverata perché il suo foulard scivolando aveva esposto un po’ i capelli. Ma lo scandalo da tutte rilevato è il proporsi di queste azioni nella città santa e nel momento di massima pratica religiosa.

Pellegrinaggi religiosi – prima, durante e dopo – non sembrano migliorare atteggiamenti maschili a oriente come a occidente. C’è un canto popolare che, per quel che ci riguarda, lo ricorda: Pellegrin che vien da Roma.

http://www.middleeasteye.net/news/muslim-women-speak-out-about-sexual-assault-mecca-340545215

Non c’entra granché, ma è una bella notizia. Proprio nel nord dell’Iraq, già dominio dello “Stato islamico”, nella storica cittadina di Al Qosh è sindaca Lara Yusef, trentacinquenne, che ha studiato nella vicina Mosul. Ha ricevuto la fiducia della maggioranza ed ha il sostegno dei cittadini più aperti, consapevoli, rispettosi dei diritti di tutti. Non mancano gli oppositori – anche tra i cristiani come lei – tradizionalisti che non vedono di buon occhio una donna in un ruolo “maschile”.

Sostenuta dal marito, come Lara sottolinea, affronta il conservatorismo dei propri concittadini. Spera che l’esempio di Al Qosh aiuti il ritorno dei cristiani fuggiti per le persecuzioni, rianimi una comunità ferita e impoverita. “Vogliamo avere un futuro qui, dove è sempre stata la nostra casa, ci piacerebbe avere una bella vita e ottenere il rispetto dei nostri diritti”, mormora.

http://www.elmundo.es/internacional/2018/02/14/5a5f7c33268e3e7a1d8b4612.html

Di Daniele Lugli

Daniele Lugli (Suzzara, 1941, Lido di Spina 2923), amico e collaboratore di Aldo Capitini, dal 1962 lo affianca nella costituzione del Movimento Nonviolento di cui sarà nella segreteria dal 1997 per divenirne presidente, con l’adozione del nuovo Statuto, come Associazione di promozione sociale, e con Pietro Pinna è nel Gruppo di Azione Nonviolenta per la prima legge sull’obiezione di coscienza. La passione per la politica lo ha guidato in molteplici esperienze: funzionario pubblico, Assessore alla Pubblica Istruzione a Codigoro e a Ferrara, docente di Sociologia dell’Educazione all’Università, sindacalista, insegnante e consulente su materie giuridiche, sociali, sanitarie, ambientali - argomenti sui quali è intervenuto in diverse pubblicazioni - e molto altro ancora fino all’incarico più recente, come Difensore civico della Regione Emilia-Romagna dal 2008 al 2013. È attivo da sempre nel Terzo settore per promuovere una società civile degna dell’aggettivo ed è e un riferimento per le persone e i gruppi che si occupano di pace e nonviolenza, diritti umani, integrazione sociale e culturale, difesa dell’ambiente. Nel 2017 pubblica con CSA Editore il suo studio su Silvano Balboni, giovane antifascista e nonviolento di Ferrara, collaboratore fidato di Aldo Capitini, scomparso prematuramente a 26 anni nel 1948

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