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Identificazione delle forze di polizia: facciamo il punto

DiNicola Canestrini

Nov 12, 2014
Polizia in GermaniaSe è possibile in Germania, perchè non in Italia?

Il personale di polizia deve essere in condizione di dimostrare il proprio grado e la propria identità professionale”, dispone testualmente l’art. 45 del Codice Europeo di Etica della polizia, adottato sotto forma di raccomandazione nel 2001 il Consiglio d’Europa; non sarà un caso se lo scopo del Consiglio d’Europa scopo è promuovere la democrazia e i diritti dell’uomo.

E ciò perchè Comitato dei Ministri (fra i quali sedeva e siede ovviamente anche l’alto rappresentante italiano) il Consiglio d’Europa è convinto che “la fiducia pubblica nella polizia è strettamente collegata all’atteggiamento e al comportamento verso il pubblico, in particolare al rispetto della dignità umana e dei diritti fondamentali e delle libertà dell’individuo, contenuti, in particolare, nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo“.

Sono passati oltre tredici anni ma in Italia ancora brancoliamo nel buio: il controllore dell’autobus che al massimo può darci una modesta sanzione pecuniaria è obbligato ad avere un cartellino di identificazione, mentre l’appartenente alle forze dell’ordine che esercita il massimo potere statuale, cioè la priviazone della libertà, non è obbligato ad identificarsi nè a farsi identificare da un codice alfanumerico.

Dal sito del Senato si apprende che pendono avanti la Commissione Affari costituzionali in sede referente 4 disegni di legge e in particolare:

– (803) DE CRISTOFARO ed altri. – Disposizioni in materia di identificazione degli appartenenti alle Forze dell’ordine
– (1307) SCIBONA ed altri. – Disposizioni in materia di identificazione degli appartenenti alle Forze dell’ordine che espletano attività di ordine pubblico
– (1337) BATTISTA ed altri. – Disposizioni per l’introduzione dell’obbligo di identificazione attraverso un codice alfanumerico per le Forze di polizia in servizio di ordine pubblico
– (1412) MANCONI ed altri. – Disposizioni in materia di identificazione degli appartenenti alle Forze di polizia in servizio di ordine pubblico

I 4 disegni di legge intendono perseguire la medesima finalità normativa, ovvero dotare gli agenti delle forze dell’ordine di un codice identificativo, ai fini di una loro riconoscibilità e identificazione.

Viene ribadito, infatti, l’obbligo, per tutte le Forze di polizia impegnate in operazioni di ordine pubblico, di indossare l’uniforme di servizio, prevedendo comunque che il personale esonerato da tale obbligo per ragioni di servizio sia comunque tenuto ad indossare specifici indumenti o altri strumenti di riconoscimento idonei ad identificarne chiaramente, anche a distanza, l’appartenenza alle forze dell’ordine.

Si prevede che i funzionari di pubblica sicurezza responsabili della direzione delle operazioni siano facilmente riconoscibili mediante l’utilizzo di apposito segno distintivo o indossando la fascia tricolore.

Si dispone che un numero identificativo, chiaramente visibile a distanza e anche in condizioni di scarsa visibilità, sia riportato sui caschi protettivi utilizzati nel corso delle operazioni, nonché sull’uniforme e sui dispositivi di riconoscimento utilizzati dagli agenti in servizio esonerati dall’obbligo di indossare la divisa. In un apposito registro sono riportati i collegamenti tra i numeri identificativi e gli agenti che li indossano.

È previsto, inoltre, il divieto di indossare fazzoletti o altri mezzi di protezione che non consentano l’identificazione dell’operatore, nonché di caschi, uniformi o equipaggiamenti non autorizzati dai regolamenti di servizio, nonché con numeri di identificazione alterati o appartenenti ad altri agenti.

Nel disegno di legge n. 803 viene specificato il divieto di indossare, per gli agenti esonerati dall’obbligo di indossare uniforme di servizio, indumenti o segni distintivi che possano qualificarli come appartenenti alla stampa o a servizi di pubblico soccorso, quali medici, paramedici o vigili del fuoco.

In tutti i disegni di legge si fa riferimento ad un apposito regolamento che deve essere emanato con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’interno, di concerto con i Ministri della difesa e delle finanze, analogamente a quanto previsto all’articolo 30 della legge 1° aprile 1981, n. 121, recante “Nuovo ordinamento dell’Amministrazione della Pubblica Sicurezza”.

Sono, altresì, previste sanzioni per la violazione delle norme ivi previste, con modalità differenti. Nei disegni di legge nn. 1307 e 1337, la violazione è punita con la reclusione da tre mesi ad un anno, mentre nei disegni di legge nn. 803 e 1412 sono disposte sanzioni pecuniarie dai 3.000 ai 10.000 euro, a seconda del tipo di violazione. Sono previste pene anche per i superiori gerarchici che tollerano i fatti oggetto di sanzione.

Ancora nulla di fatto, però.

Da un punto di vista sovranazionale, oltre che il già menzionato Codice Etico si segnala che nella risoluzione del Parlamento europeo del 12 dicembre 2012 sulla situazione dei diritti fondamentali nell’Unione europea, al punto n. 192, si legge che i servizi di polizia nell’Unione utilizzano una forza sproporzionata in occasioni di avvenimenti o di manifestazioni pubbliche.

Si esortano gli Stati membri a fare in modo che il controllo democratico e giudiziario dei servizi incaricati di far applicare la legge e del loro personale sia rinforzato, che l’obbligo di rendere conto sia assicurato e che l’impunità non abbia alcuno spazio in Europa, particolarmente in caso di uso sproporzionato della forza o di atti di tortura o di trattamenti inumani o degradanti.

Infine, si invitano gli Stati membri ad assicurare che i propri agenti di polizia portino un numero di identificazione.

Peraltro, nel 2011, a dieci anni dai tragici eventi del G8 di Genova, Amnesty International Italia ha lanciato una campagna di sensibilizzazione denominata “Diritti umani e polizia in Italia: Operazione trasparenza“, in cui si sottolinea l’esigenza che le Forze di polizia, durante le operazioni di ordine pubblico, abbiano ben visibili elementi di identificazione individuale.

Maggiore potere significa anche maggiore responsabilità: “la polizia deve rendere conto allo Stato, ai cittadini e ai loro rappresentanti e deve essere sottoposta ad un efficiente controllo esterno” (art. 65 Codice Etico).

Anche nell’interesse della credibilità delle stesse forze dell’ordine, credibilità che rischia di essere azzerata per tutti da eventuali azioni criminali di pochi.

E’ possibile firmare una petizione (anche) sub http://www.police-identification-europe.org/index.php/it/.

Di Nicola Canestrini

Avv. Nicola Canestrini Laureato summa cum laude con una tesi di laurea sul nesso tra diritto e democrazia, difende diritti dentro e fuori dalle aule. Figlio di Sandro Canestrini, storico avvocato difensore degli obiettori di Coscienza al servizio militare e amico del Movimento Nonviolento, è titolare dello studio canestriniLex :: avvocati www.canestrinilex.com. IMPORTANTE: quanto pubblicato in questa rubrica va riportato al solo pensiero personalissimo dell'autore.

1 commento su “Identificazione delle forze di polizia: facciamo il punto”
  1. Scusate la banalità ma in psicologia delle masse e analisi dell’io Freud evidenziava come in condizioni di gruppo anonimo l’essere umano tende a regredire nei comportamenti. Ciò è evidentemente valido sia per i manifestanti che per i rappresentanti delle FFOO. L’identificazione delle forze di polizia è atto dovuto in uno stato democratico.

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