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L’ultima degli irochesi

DiDaniele Lugli

Mar 13, 2023

È da leggere I sogni hanno la testa dura di Elena Buccoliero. Il perché è nell’introduzione della stessa autrice, già apparsa qui. Raccomando la lettura. Certo io non so dirlo meglio. Ne scrivo per il titolo che contrassegna la sua rubrica, Prima le donne e i bambini, e per quello che ha dato al libro.

Prima le donne e i bambini è buona e cavalleresca pratica, nata forse in ambiente marinaro in caso di naufragio ed estesa a tutte le situazioni di pericolo. Se correttamente eseguita mostra la sua efficacia. Quando affonda il Titanic il comandante Edward Smith la fa osservare scrupolosamente. Si salvano così il 74% delle donne, il 52% dei bambini e il 20% degli uomini. Lui muore perché fino alla fine cura il salvataggio dei passeggeri. Il trasognato capitano Whititterly preferisce salire per primo sulla scialuppa e di lì dirigere le operazioni. Di esperienza di naufragi ne ha tanta:

Mi permette” disse “di parlarle con franchezza?”. “Di’ pure, caro.” “Ho sentito parlare, testé, del naufragio del Fulminante I.” “O Fulminante II, non ricordo bene.” “Ragione di più. Questo”, e Battista indicò la nave che si vedeva in porto dalla finestra “è il Fulminante VIII. E tutti gli altri Fulminanti?” “Affondati.” “Ecco” non vorrei che dovesse affondarsi anche il Fulminante VIII.” Whititterly scoppiò in una risata. “E che credi”, disse “che tutte le navi che si chiamano Fulminante debbano far naufragio? Non ci mancherebbe altro. Ho avuto tante navi che non si chiamavano Fulminante e sono affondate lo stesso. Credi pure, il nome non vuol dir nulla, mio caro Battista”. Ma siamo in un racconto di Campanile e nessuno annega.

Non è così, non pensando ora ai migranti ma a spensierati croceristi, quando si incontra il capitano Schettino. Nel gennaio del 2012 schianta la nave all’Isola del Giglio, con la morte di 32 persone. Contattato, dalla Capitaneria di porto dice di essere su una scialuppa di salvataggio. In realtà è già a terra quando il capitano di fregata Gregorio de Falco gli ordina di tornare a bordo. Non è così per tanti, donne e bambini, bisognosi di aiuto. Incontrano nella loro vita, in casa, nei servizi, nelle forze di polizia, nella magistratura tante, diverse, versioni di Schettino, quando non i propri carnefici. Elena ne raccoglie le storie. Per quello che le è dato cerca di alleviarne le sofferenze. Diffonde la conoscenza di ingiustizie che potrebbero essere evitate. Lo fa nello svolgimento dei compiti e delle responsabilità che assume e anche oltre il richiesto. Per compartecipazione e passione. Lo sa chi la conosce o addirittura ha lavorato con lei. È un comportamento sospetto. Non ci guadagna nulla a fare di più. Che ci sarà sotto? Viene indagata. Naturalmente nulla può emergere a suo carico. Resta la sofferenza, che l’accomuna anche più alle donne e ai bambini delle sue storie. Un cenno, mentre ancora non avete acquistato il libro, potete trovarlo qui.

I sogni hanno la testa dura è un bel titolo. Ma che significa? E che sogni sono? Non quelli suggeriti dalla lettura delle storie, raggruppate per temi trattati: Difesa dell’infanzia, Violenza sulle donne e violenza assistita, Migrazioni, Lockdown, Adolescenti a rischio. Neppure quelli propiziati dalle inquietanti filastrocche, anche quando hanno l’andamento di ninne nanne. Una traccia potrebbe trovarsi in due citazioni che aprono il libro. Per lei, come per Vinicius de Moraes, La vita è l’arte dell’incontro. Di incontri non ne sembra mai sazia, anche se difficili, faticosi. Ne esce con una storia da raccontare. Come se il farlo impedisse l’ineluttabile al quale non si rassegna. L’altra citazione è di Capitini: Mi vengono a dire che il pesce grande mangia il pesce piccolo. Ma io non sono d’accordo. Pure Elena non è d’accordo. Nella sua testa, dura come i sogni che partorisce, pulsa un cervello cardiaco. È tenacemente intenta a realizzare i propri sogni, piccoli e grandi, personali e coinvolgenti.

Così fanno, o almeno facevano, gli irochesi secondo antiche testimonianze, come documenta L’Alba di tutto di Graeber e Wengrow. La decisione, con la quale gli indigeni perseguono tale obiettivo, meraviglia gli osservatori europei. Se sognano come proprio un oggetto, o anche un animale, si mettono alla sua ricerca intraprendendo anche lunghi viaggi. Aver sognato una cosa è pure titolo per esigerne la consegna dal vicino che ne sia in possesso. Di questi viaggi alla ricerca della visione, di questa economia del sogno Graeber ha scritto nel 2001 in un libro Toward an Antropological Theory of Value: The False Coin of Our Own Dreams. Non sempre i sogni esprimono in modo così chiaro e diretto un desiderio da soddisfare. È un desiderio segreto, ondinnonk, che l’anima manifesta con il suo linguaggio, che è quello dei sogni.

Lo racconta bene padre Paul Ragueneau (8 marzo 1608 – 8 settembre 1680) nelle Relations des jesuites. Quando il desiderio si realizza l’anima è appagata e si quieta. Se no fa ammalare il corpo fino anche a ucciderlo. Perciò è importante che i sogni siano decifrati. Questo avviene nel confronto tra diversi sognatori e ci sono pure degli esperti in questa attività. Anche altri missionari confermano questi racconti. Che il documento sia del 1649 e che L’interpretazione dei sogni di Freud arrivi 250 anni dopo mi meraviglia moderatamente. So del ritardo del meglio del nostro pensiero rispetto a quello degli indiani (uroni, wendat, irochesi).

Come l’interpretazione, pure la terapia ha spesso natura collettiva. Per realizzare i sogni si mobilita infatti la comunità. Questo avviene con momenti conviviali e rappresentazioni teatrali, attraverso i quali i sogni trovano realizzazione. Elena molto fa da sola, ma pure coinvolge altri e persegue in forme diverse, nel gioco, nel teatro, nella formazione, la realizzazione dei propri sogni. Elena l’ultima degli irochesi.

 

Di Daniele Lugli

Daniele Lugli (Suzzara, 1941, Lido di Spina 2923), amico e collaboratore di Aldo Capitini, dal 1962 lo affianca nella costituzione del Movimento Nonviolento di cui sarà nella segreteria dal 1997 per divenirne presidente, con l’adozione del nuovo Statuto, come Associazione di promozione sociale, e con Pietro Pinna è nel Gruppo di Azione Nonviolenta per la prima legge sull’obiezione di coscienza. La passione per la politica lo ha guidato in molteplici esperienze: funzionario pubblico, Assessore alla Pubblica Istruzione a Codigoro e a Ferrara, docente di Sociologia dell’Educazione all’Università, sindacalista, insegnante e consulente su materie giuridiche, sociali, sanitarie, ambientali - argomenti sui quali è intervenuto in diverse pubblicazioni - e molto altro ancora fino all’incarico più recente, come Difensore civico della Regione Emilia-Romagna dal 2008 al 2013. È attivo da sempre nel Terzo settore per promuovere una società civile degna dell’aggettivo ed è e un riferimento per le persone e i gruppi che si occupano di pace e nonviolenza, diritti umani, integrazione sociale e culturale, difesa dell’ambiente. Nel 2017 pubblica con CSA Editore il suo studio su Silvano Balboni, giovane antifascista e nonviolento di Ferrara, collaboratore fidato di Aldo Capitini, scomparso prematuramente a 26 anni nel 1948

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