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Modena: nonviolenza e buone relazioni – laboratori nelle scuole

Diadmin

Mag 7, 2017

INTRODUZIONE

Nell’ambito degli Itinerari scuola-città organizzati dal Multicentro Educativo Modena Sergio Neri (MEMO), il Centro Territoriale del Movimento Nonviolento di Modena si è contraddistinto per le proposte educative messe in atto in ambito scolastico.

I laboratori proposti dall’associazione hanno interessato due classi 3° delle Scuole Secondarie di Primo Grado “Galileo Ferraris”. Quattro ore suddivise in due mattine che hanno visto più di una cinquantina di ragazzi coinvolti nell’esperienza e sperimentazione di modalità attive per gestire al meglio le relazioni interpersonali e per muovere i primi passi verso la meta nonviolenta del dialogo e della pace.

Che cosa è la nonviolenza? Che cosa è la cultura della pace? Quali sono le pratiche nonviolente? Queste le domande che fungono da presupposto per comprendere la portata teorica dei laboratori orientati all’apprendimento dell’arte della nonviolenza. Serve un bagaglio di conoscenze elevato anche solo per dare un senso ad una sola di queste domande. 

Questi incontri si sono concentrati sul pensiero e sulla pratica della nonviolenza. Ma come parlare di pace e nonviolenza senza annoiare giovani ragazzi che stanno entrando nel mondo dei grandi? Provate a chiedere ad un giovane di età compresa fra i 12 e i 14 anni qual è la prima cosa che gli viene in mente quando si parla di “nonviolenza” o di “conflitto”.

Nasceranno spontanee riflessioni che abbinano la parola “nonviolenza” a concetti quali “non picchiarsi”, “riappacificazione”, “baci e abbracci”, “scioperare” e così via. Al contrario, la maggior parte di loro, connettono a “conflitto” tutto ciò che riguarda la violenza, le armi e la guerra (“distruzione”, “guerra”, “sofferenza”, “morte”,…).

Così è cominciato il laboratorio organizzato dal Centro Territoriale del Movimento Nonviolento di Modena, sviscerando verità ed esperienza racchiuse in pochissime parole, scritte su di un post-it, pronte per essere riesaminate alla fine di quello che è stato un breve ma intenso percorso laboratoriale.

Per educare alla nonviolenza non ci si può certo fermare a questo. Non basta tradurre in significato e fermarsi a riflettere su idee e pensieri che, seppur pieni di sincerità e di forza, sono spesso ricolmi della violenza dei programmi televisivi, modellati inconsciamente sulla base di pregiudizi e insegnamenti calati dall’alto, magari appresi ma mai del tutto compresi.

La peculiarità di questi percorsi innovativi è stata proprio quella di interpretare la storia, le tradizioni e la teoria che ispira il pensiero nonviolento in contenuti pratici e metodologie applicate che permettessero ai ragazzi di sperimentare concretamente come l’utilizzo di alcune tecniche consenta di gestire in modo costruttivo le relazioni difficili/conflittuali.

L’obbiettivo centrale del laboratorio non è quello di iniziare i giovanissimi ad una conoscenza della tradizione nonviolenta. Certo le storie dei grandi personaggi che hanno segnato il percorso dei diritti umani e della nonviolenza, Aldo Capitini o Martin Luther King per citarne un paio, rivestono un ruolo cruciale per comprendere la straordinaria forza che muove persone e intere popolazioni verso un percorso di pace e fratellanza. Ma come sosteneva il Mahatma, “La non violenza non va predicata. Va praticata”. Noi, formatori dei laboratori siamo partiti proprio da questo per tentare di veicolare in quelle giovani menti la forza del messaggio nonviolento.

La sperimentazione attiva e la comprensione tramite l’ascolto, la condivisione e la cooperazione sono stati il punto forte di questi laboratori che hanno visto come unici nonché principali protagonisti proprio gli alunni e le loro insegnanti.

Il lato pratico del lavoro di gruppo, connesso alle metodologie di Teatro Sociale, ha coinvolto attivamente gli alunni che, nei primi anni dell’età adolescenziale, vedono incrementare intorno a loro situazioni di condotta aggressiva propria o altrui. Si pensi solo al fenomeno del bullismo a scuola (o quello più “moderno” del cyber-bullismo) o al rapporto sempre più burrascoso con i genitori, ma più in generale le difficoltà relazionali che sorgono con i primi veri contatti con il “mondo adulto”.

Per questo non basta ragionare intorno all’aggressività, occorre dimostrare e mettersi concretamente in gioco per rievocare paure, insicurezze ed emozioni che i ragazzi vivono nei loro ambienti di vita. Il tutto, ovviamente, avviene in un grande gioco che attiva riflessioni interiori, ma che è anche occasione per creare un clima di fiducia e di rispetto all’interno della classe e nei rapporti con gli insegnanti.

DESCRIZIONE BREVE DELLE GIORNATE DI LABORATORIO

La prima giornata è stata scandita da “giochi di riscaldamento” interattivi e dinamici che hanno coinvolto tutti i ragazzi aiutandoli in primis ad inserirsi nel gruppo dei compagni. Partendo da piccoli giochi di gruppo (presentazioni in cerchio animate e scambi di identità) che hanno creato unito e contemporaneamente destrutturato il gruppo classe, si è poi passati al “gioco del cieco” (un compagno guida l’altro che chiude gli occhi fingendo di non vedere). Questi brevi esercizi riproponibili in diverse forme, tutte molto spassose e divertenti, sono stati utili per aumentare il clima di cooperazione, rispetto, ma soprattutto fiducia e confidenza tra i ragazzi. 

Dopo ogni step di gioco venivano scambiate riflessioni e impressioni su quanto sperimentato e i nostri formatori coadiuvavano i ragazzi nelle loro considerazioni personali.

Con i giochi cooperativi è stata così posta la prima pietra su cui poi erigere nuove e più salde relazioni interpersonali che si creeranno nel corso del laboratorio.

Il modo migliore per concludere la prima giornata fatta di giochi di gruppo, cooperazione e conoscenza reciproca, è stato discutere tutti insieme sulle emozioni scatenate dal filmato della rivolta nonviolenta di Nashville. Immagini forti quelle delle percosse dei poliziotti ai negri seduti nei “bar bianchi”, degli addestramenti all’opposizione nonviolenta, dei fiumi di persone in marcia per il riconoscimento dei diritti civili dei neri negli Stati Uniti d’America.

Dopo la visione di uno storico esempio di come la nonviolenza possa rappresentare un’arma vincente anche contro le ingiustizie più grandi, considerazioni e riflessioni libere hanno chiuso le due ore di laboratorio, aprendo contemporaneamente le giovani menti dei ragazzi.

La seconda parte dei laboratori è stata la più attiva e ha richiesto un grande coinvolgimento fisico ed emotivo dell’intera classe che ha “toccato con mano” cosa significasse essere da una parte e dall’altra di una relazione difficile/conflittuale.

A ogni gruppo formato in classe è stato chiesto di immaginare una situazione di conflitto e violenza vicina al loro vivere quotidiano (un litigio coi genitori; un litigio coi compagni di classe; una presa in giro spiacevole; una prepotenza subita o osservata…) e successivamente di decidere tra loro i singoli ruoli e come rappresentarla per mostrarla ad un pubblico esterno (composto dagli altri membri della classe, insegnante compresa).

Cosa hai visto nella scena rappresentata dai tuoi compagni? Se fossi stato in quella situazione, ti saresti comportato allo stesso modo? Perché pensi che questo porti ad un risultato diverso?

I ragazzi hanno commentato le scelte e le rappresentazioni dei loro compagni e hanno risposto a queste domande in modo partecipato. Recitando si sono immedesimati nelle varie situazioni di conflitto “mettendosi (letteralmente) nei panni degli altri”. Ridere e scherzare è stato un modo per diminuire l’insicurezza e combattere la timidezza.

Questo gioco teatrale ha innescato quello che si può definire un “cambio di prospettiva” utile per far crescere nei ragazzi la consapevolezza che ad un’azione corrisponde una reazione che è diversa sulla base della persona coinvolta. Ecco che le decisioni personali assumono un significato più grande e vanno ad inserirsi in un vasta e intricata trama fatta di tanti modi di essere e tanti modi di agire. Essere la persona discriminata, poi diventare il bullo, poi prendere le vesti del prof che ti manda dal preside o del genitore arrabbiato per un brutto voto preso a scuola, insegna che non esiste un modo unico per affrontare le situazioni e che non siamo impotenti di fronte a nulla. Nei contesti di violenza o conflitto c’è sempre una strada da intraprendere che sappiamo essere quella nonviolenta. Ma questa va allenata, la gestione dei nostri sentimenti e delle nostre emozioni (negative e positive) va allenata. Siamo persone “attive” anche quando siamo meri spettatori o quando ci facciamo sopraffare dalla rabbia e dalla paura, sentimenti naturali e di per sé innocui, ma che possono sfociare in violenza verbale o fisica. Ecco perché è fondamentale insegnare che nella vita di tutti i giorni occorre riflettere sulle relazioni che tessiamo con gli altri, acquisendo la consapevolezza che esistono sempre altre risorse da mettere in gioco in termini di nonviolenza. 

IL RUOLO DELL’INSEGNANTE

Le insegnanti che hanno aderito alla proposta avevano partecipato l’anno precedente al primo ciclo di incontri L’Antibarbarie. La via della nonviolenza contro la guerra e il terrorismo come risposta al bisogno di relazioni eque, di sicurezza e di pace proposto da MNV di Modena. Quell’esperienza ha arricchito di nuovi spunti i percorsi didattici sull’educazione alla convivenza civile che tradizionalmente la scuola Ferraris affronta nel corso del triennio.

Le insegnanti e le operatrici del Movimento Nonviolento si sono incontrate per una presentazione delle criticità e delle potenzialità dei due gruppi classe e per pianificare il percorso formativo, articolato nei seguenti passaggi:

  • un’introduzione geo-storica delle insegnanti su due maestri della non-violenza, Gandhi e M.L.King

  • un primo intervento laboratoriale secondo le modalità proposte dalle operatrici

  • un intermezzo operativo di preparazione alla messa in scena in teatrale gestito dalle insegnanti

  • un secondo laboratorio delle operatrici

  • una restituzione in forma di riflessione scritta da parte dei parte dei ragazzi

Durante le attività ludico-relazionali anche l’insegnante si è immersa e messa in gioco” con il gruppo classe. Da tutto ciò è nata una condivisione delle esperienze, delle conoscenze (di sé e degli altri) e delle rappresentazioni del mondo che, come hanno perfettamente dimostrato le fasi di riflessioni sulle mini-performance di gruppo, cambiano a seconda degli occhi di chi guarda.

I ragazzi, infatti, iniziano a conoscere sé stessi prima di tutto nel confronto con i loro simili e la possibilità di perlustrare i meandri di questo profondo e complesso cammino viene data da metodologie che si basano su tecniche esperienziali quali quelle viste sopra.

Per le classi, un’esperienza così ricca non si conclude con la chiusura dei laboratori, perché dà alle insegnanti e agli alunni l’opportunità di affrontare molti argomenti di storia e di attualità con uno sguardo alternativo alle modalità tradizionali, sguardo che ora i ragazzi sono in grado di cogliere e contestualizzare.

UTILITA’ DEI LABORATORI E RISULTATI

Fare una nozione propria non basta. La nonviolenza per essere una strategia vincente e veramente in grado di penetrare nella nostra quotidianità necessita di un apprendimento superiore, che vada oltre la mera trasmissione teorica unidirezionale dei saperi.

Per questo motivo le formatrici si sono relazionate con le classi mettendosi loro stesse in gioco e facendo del Teatro Sociale e di Comunità, il lavoro di gruppo, ma soprattutto il gioco l’arma vincente di questa proposta educativa.

E’ stato privilegiato quello che si può definire un “lavoro sulla propria persona”. Questa modalità ha cercato così di innescare la riflessione sul concetto di “buone relazioni” nelle giovani menti dei ragazzi e delle ragazze.

Perché privilegiare il dialogo e allontanare gli aspetti violenti delle nostre relazioni? Che cosa significa ascoltare l’altro anche quando non sono d’accordo con lui? Quanto è importante sviluppare e cercare relazioni positive?

A queste domande i ragazzi hanno risposto da soli, mettendo in scena le “relazioni problematiche” e riflettendo sulle loro scelte, osservando come persone estranee ai fatti, proponendo soluzioni nuove e non imposte dall’alto.

Raccolti tutti in cerchio, ai ragazzi è stato chiesto di descrivere questo laboratorio con una parola libera e spontanea. Pensieri in libertà che descrivono il vortice di emozioni che hanno accompagnato in questo breve ma intenso percorso di formazione i ragazzi, le insegnanti ed i nostri formatori. E così, “di getto”, concludiamo questo articolo, lasciandoci con alcune delle parole che ci sono rimaste più impresse, senza stare a chiederci se il lavoro fatto per loro sarà utile (questo lo dirà soltanto il tempo), ma con la convinzione che sono state giornate intense, riflessive, divertenti e ricche di energia positiva, tutto ciò che serve, in fondo, per vivere sereni e tessere buone relazioni con gli altri.

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