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Se questo accade ad Appiano…

DiDaniele Lugli

Mag 27, 2018
Appiano BZ

NOT WELCOME, leggo sul cartello annerito. Sarà per parlare sia ai cittadini di lingua tedesca (80%) che di lingua italiana del paese di 15 mila abitanti. Sul web si affrettano i commenti favorevoli, quando non entusiasti. Niente di nuovo quindi.

L’avvenimento mi colpisce però molto. Il centro è ospitato dalla ex caserma Mercanti all’ingresso di Appiano/Eppan, di fronte al cimitero dove sono i miei zii, molto amati, che neppure da morti hanno lasciato la terra d’adozione. Luoghi che mi sono cari da piccolissimo, c’era la guerra, e che tali sono rimasti. Sono anni però che non ci torno. Negli ultimi passaggi avevo sentito saldarsi vecchio e nuovo razzismo, esploso del resto anche nella mia città.

Ci sono trentanove ospiti in tutto. Ventotto sono al lavoro con regolari contratti. Gli altri stanno completando il percorso formativo. Non ci sono dunque negri fannulloni e inquietanti in giro. È razzismo che non ha bisogno di appigli. Questo avviene nella terra di Alex Langer, che ci ha lasciato un insuperato, e inascoltato, Tentativo di decalogo per una convivenza interetnica. Avviene in un momento nel quale si avvia, anche nel nostro paese, un’esperienza di governo tra forze insensibili, per usare un eufemismo, a questo tema.Appiano not welcome

C’è un’Europa, sognata al confino da Colorni, Rossi, Spinelli e disegnata nel Manifesto di Ventotene. Tracce ne troviamo nella nostra Costituzione ed in altre europee e nella Carta dei diritti dell’Unione Europea. Ma questa ispirazione è contraddetta da politiche inefficaci, quando non feroci, che negano diritti ed uguaglianza agli immigrati e a chi cerca rifugio. Avanza un’Europa dilaniata dai nazionalismi (ultimo rifugio delle canaglie), che risponde ai problemi con muri e fili spinati.

A questa Europa, reazionaria e incivile, ci siamo mano a mano avvicinati. Ed è vero che da soli non possiamo farcela, esposti come siamo maggiormente all’arrivo di flussi migratori, che non vorrebbero certo fermarsi al nostro Paese. In nome dell’Europa bianca e cristiana non riconosciamo più neppure il ius migrandi, fondato come diritto universale, mezzo millennio fa, dal domenicano Francisco de Vitoria. Vero che questo diritto, usato molto per giustificare le conquiste europee in giro per il mondo, ha mutato di segno. Se esercitato da poveri e disperati verso l’Europa non è più un diritto. Chi pretende di esercitarlo diventa persona illegale, come dice Ferrajoli.

Settanta anni fa a Ferrara nel maggio, in un convegno, Aldo Capitini parla di comunità aperta contrapponendo l’ideale di questa società alle forme finora realizzate di comunità chiusa, cui è fatale, quale gruppo contro altri gruppi, lo sbocco della guerra. Alla comunità aperta invece è intrinseca la tendenza ad associare universalmente tutti gli uomini. Modi di apertura di una società sono l’antinazionalismo, le istanze socialiste, le posizioni di coscienza, di nonviolenza, di nonmenzogna. La federazione europea poteva essere un passo in quella direzione.

La direzione presa non è questa. Diseguaglianze abissali crescono, l’insicurezza e la precarietà indotte dai mercati, che dominano la politica a tutti i livelli, trovano sfogo nei confronti dei più deboli. Gli ultimi arrivati e in arrivo, diversi da noi sono ideali come oggetto di discriminazione e violenza. È una ricetta antica che funziona. Una componente ne è l’odio, collettivo e per così dire individuale, ma sempre connesso, espresso in lugubri manifestazioni e sulla tastiera.

Due minuti di odio quotidiano e una periodica settimana di odio è la ricetta della società ben ordinata che Orwell descrive in 1984. Non mi pare sia il caso di superare quelle dosi. Dal contratto di governo mi si dice essere assente il cd. ius soli, formulato in forma così cauta da essere minima misura di civiltà. Mentre con l’Unicef chiediamo scusa agli 800 mila compagni di classe dei nostri figli e nipoti, siamo consapevoli che questa omissione sarà sicura causa di rancore da parte di giovani discriminati per odio razzista.

Un consiglio infine. Il “Tentativo di decalogo” lo trovate sul web o anche in allegato al quaderno n.19 di Azione nonviolenta, La nonviolenza per la città aperta, che potete richiedere alla rivista. La sua prima formulazione potete ascoltarla sul web direttamente dalla voce di Alex Langer. 

Di Daniele Lugli

Daniele Lugli (Suzzara, 1941, Lido di Spina 2923), amico e collaboratore di Aldo Capitini, dal 1962 lo affianca nella costituzione del Movimento Nonviolento di cui sarà nella segreteria dal 1997 per divenirne presidente, con l’adozione del nuovo Statuto, come Associazione di promozione sociale, e con Pietro Pinna è nel Gruppo di Azione Nonviolenta per la prima legge sull’obiezione di coscienza. La passione per la politica lo ha guidato in molteplici esperienze: funzionario pubblico, Assessore alla Pubblica Istruzione a Codigoro e a Ferrara, docente di Sociologia dell’Educazione all’Università, sindacalista, insegnante e consulente su materie giuridiche, sociali, sanitarie, ambientali - argomenti sui quali è intervenuto in diverse pubblicazioni - e molto altro ancora fino all’incarico più recente, come Difensore civico della Regione Emilia-Romagna dal 2008 al 2013. È attivo da sempre nel Terzo settore per promuovere una società civile degna dell’aggettivo ed è e un riferimento per le persone e i gruppi che si occupano di pace e nonviolenza, diritti umani, integrazione sociale e culturale, difesa dell’ambiente. Nel 2017 pubblica con CSA Editore il suo studio su Silvano Balboni, giovane antifascista e nonviolento di Ferrara, collaboratore fidato di Aldo Capitini, scomparso prematuramente a 26 anni nel 1948

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