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Servizio Civile Universale e cofinanziamento: nuove proposte, vecchi problemi

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Giu 5, 2014
Enrico Maria Borrelli

Riprendiamo da serviziocivilemagazine.it questo intervento di  di Enrico Maria Borrelli*.

Un esercizio al quale si dedicano tutti con passione e creatività: addetti ai lavori, opinionisti, politici, semplici avventori. In realtà il tema appassiona gli avventori e preoccupa gli addetti, da anni impegnati a preservare un’infrastruttura organizzativa all’unico strumento di difesa civile del Paese.

Di fronte alle ingenti risorse pubbliche investite dallo Stato in armamenti e apparati militari fa sorridere, per dirla con un eufemismo, che la difesa civile si pensi di affidarla alla capacità di fund raising delle piccole associazioni. E’ come se dicessimo: speriamo che la Fiat ci dia qualcosa per pagare gli stipendi ai militari e comprargli qualche divisa. Altrimenti pace. E sarebbe ora. Potremo così dire all’Alleanza Atlantica che gli italiani non sono stati così sensibili da donarci soldi per gli F35 o per qualche missione umanitaria o di peace keeping, rimettendo alla responsabilità dei cittadini e delle imprese italiane la possibilità che l’Italia si difenda e rispetti i trattati internazionali. O meno. Un paradosso che può sembrare una provocazione, ma la difesa della Patria, sia essa militare o civile, è compito e competenza dello Stato come sancisce la nostra Costituzione. Ad esso è dunque demandata la responsabilità di provvedervi con risorse finanziarie, umane, strutturali e strumentali.

Il servizio civile è appunto questo, uno strumento di difesa della Patria (L.64/01, art.1). Ma chi garantisce le risorse e gli strumenti?
Lo Stato ha stanziato negli ultimi anni circa 100 milioni di euro l’anno, a fronte dei 24 miliardi destinati alla difesa militare, con i quali ha pagato i soli rimborsi mensili ai volontari (433€/mese ovvero 5.206€/anno). Chi ha provveduto e chi provvede a sostenere economicamente le sedi dove svolgono servizio i giovani e chi si fa carico dei costi di gestione delle stesse? Alcuni sono indiretti, non strettamente collegati al servizio civile, ma ai progettisti, ai formatori, ai selettori, agli esperti informatici, ai valutatori che richiedono, in maniera stringente, l’accreditamento e la gestione dei progetti di servizio civile chi provvede? Gli enti, con risorse proprie spendendo circa 5.600 euro l’anno per ogni volontario impiegato. Più dello Stato!

Se gli enti si tirassero tutti indietro come farebbe lo Stato ad attivare il servizio civile? E quanto gli costerebbe? Per averne un’idea basterebbe prendere le tabelle della finanziaria relative alle spese militari, sottrarre i costi per gli armamenti e quelli di rappresentanza che nel servizio civile non sono previsti, e il gioco è fatto. Svariati miliardi. Se il servizio civile universale potrà costare allo Stato 500 milioni di euro è solo grazie all’intervento degli enti di servizio civile che, da oltre 40 anni, già cofinanziano la difesa della Patria.

Se il problema fosse esclusivamente quello dei fondi e di dove reperirli, dallo Stato o dai privati cittadini, troverei questo dibattito davvero poco stimolante. Quello che invece mi appassiona è capire se Renzi, che ha candidato il servizio civile a rappresentare il luogo per la costruzione di una rinnovata cittadinanza europea partendo dai giovani, abbia davvero interesse a sostenerlo o semplicemente spera che gli enti si facciano carico di tutto o quasi pur di arrivare all’entusiasmante traguardo dei 100.000 giovani l’anno. Un sistema di difesa civile del Paese non può essere affidato alla buona volontà e alle esigue risorse del terzo settore, ma deve essere organizzato e sostenuto dallo Stato con gli investimenti necessari affinchè si strutturi e si consolidi per garantire la qualità del servizio, ai giovani che lo svolgono e ai milioni di cittadini che ne beneficiano. Nonostante tutto io credo molto in questo Governo e nelle buone intenzioni di Renzi, per cui sono sicuro che alla fine del dibattito il buon senso prevarrà. In tutti.

*Enrico Maria Borrelli, Presidente Amesci.

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