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Sulle orme di Mario e Fermo. Un secolo dopo

DiPasquale Pugliese

Feb 20, 2015

Nel febbraio del 1915 quella che sarà ricordata come la “grande guerra” era già dilagata, in pochi mesi, in gran parte d’Europa. L’Italia era attraversata da un diffuso sentimento popolare pacifista e neutralista, che cercava di essere forzato dai fautori dell’interventismo, presenti – seppur minoritari – nel governo e nelle piazze. La “meglio gioventù” italiana si opponeva all’ingresso del nostro Paese nella “inutile strage” con manifestazioni e scioperi da Sud a Nord, culminate nello sciopero generale contro la guerra del 17 maggio, pochi giorni prima che il governo ne decidesse invece la partecipazione, il 24 maggio. Molta di quella gioventù diventerà carne da macello nelle trincee – come ha magistralmente raccontato anche Ermanno Olmi nel suo struggente e terribile film “Torneranno i prati” – uccisi dal fuoco “nemico” o dal fuoco “amico”, fatti passare per le armi dagli ufficiali italiani che si trovarono a fronteggiare quasi un milione di renitenze alla guerra.

Ma la mattanza della “meglio gioventù” italiana cominciò alcuni mesi prima, precisamente la sera del 25 febbraio a Reggio Emilia, quando i due giovanissimi operai Mario Baricchi e Fermo Angioletti furono uccisi dai carabinieri mentre partecipavano alla manifestazione pacifica contro il comizio interventista di Cesare Battisti, per urlare il loro No alla guerra. Di fronte al teatro Ariosto, nella piazza oggi beffardamente chiamata “della Vittoria”, dove una imponente statua di fascistica memoria ne ricorda beffardamente i “caduti”, mentre Mario e Fermo – che quei caduti volevano risparmiare e per questo caddero a loro volta – sono stati dimenticati per quasi un secolo.

Dal 2011 la Scuola di Pace di Reggio Emilia, insieme al fondamentale lavoro di ricerca storica dell’Istoreco e del Centro di Documentazione Storica di Villa Cougnet ed alla preziosa collaborazione culturale dell’ANPI e di Pollicino gnus, ha lentamente ma tenacemente recuperato la memoria di quelle tragiche vicende che possono essere considerate il punto di partenza novecentesco dell’impegno pacifista della Città. Lo ha fatto attraverso la costituzione di un gruppo di lavoro che ha dedicato tre Seminari alla ricostruzione dei fatti ed alla loro lettura nel contesto geostorico e grazie al coinvolgimento di giovani storici e studiosi che hanno collaborato, con passione e gratuità, a questo importante progetto culturale di valore politico e formativo per l’oggi.

Grazie a questo lavoro preparatorio, quest’anno, esattamente un secolo dopo – e con la fondamentale collaborazione dell’Amministrazione comunale – Mario e Fermo saranno ricordati in Sala del Tricolore, come segno del riconoscimento della Comunità reggiana per il loro sacrificio, con un Convegno al quale sono invitati gli studenti delle Scuole secondarie della Città, per una riflessione collettiva nel Centenario della “grande guerra”. E sarà inaugurata una targa nei pressi dell’ingresso del teatro Ariosto, che contiene simbolicamente incise le loro orme, opera dello scultore Luca Prandini. Quelle orme – volte verso l’imponente statua guerriera – hanno per tutti un significato non solo di memoria storica ma di necessario impegno quotidiano per la costruzione delle alternative alla guerra.

Non a caso, così come il primo seminario del 2012 ha coinciso con la Giornata di mobilitazione nazionale della Campagna Taglia le ali alle armi, le iniziative per il Centenario si intrecciano con la Campagna per la difesa civile, non armata e nonviolenta Un’altra difesa è possibile. Ossia con la raccolta firme per la legge di iniziativa popolare per costituire anche in Italia un modello di difesa alternativo a quello fondato sulle armi e la guerra, ripudiata dalla Costituzione repubblicana. A cento anni dalla prima guerra mondiale e a settanta dalla fine della seconda, è tempo che il Paese ripudi davvero la guerra, con il disarmo e la costruzione di mezzi e strumenti alternativi e pacifici di intervento nei conflitti: un salto di civiltà che non prevede il sacrificio di giovani vite – “amiche” o “nemiche” – sacrificate sull’altare della guerra e della produzione di armamenti. Un salto di civiltà sulle orme di Mario e Fermo.

(pubblicato anche su “Pollicino gnus”, febbraio 2015)

Di Pasquale Pugliese

Pasquale Pugliese, nato a Tropea, vive e lavora a Reggio Emilia. Di formazione filosofica, si occupa di educazione, formazione e politiche giovanili. Impegnato per il disarmo, militare e culturale, è stato segretario nazionale del Movimento Nonviolento fino al 2019. Cura diversi blog ed è autore di “Introduzione alla filosofia della nonviolenza di Aldo Capitini” e "Disarmare il virus della violenza" (entrambi per le edizioni goWare, ordinabili in libreria oppure acquistabili sulle piattaforme on line).

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