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Cicerone: morte, malattia, scienza

DiDaniele Lugli

Mag 3, 2020

Dal Libro Primo traggo un brano “63. Quelli che sono affetti da malattia grave e mortale questo anzitutto prevedono, l’imminenza della loro morte. A essi di solito appaiono le immagini dei morti, e in quei momenti più che mai desiderano di meritarsi lode, e se sono vissuti in modo sconveniente, allora soprattutto si pentono. 64. Che i morenti abbiano capacità divinatoria lo dimostra anche Posidonio adducendo quel famoso caso: uno di Rodi, in punto di morte, fece i nomi di sei coetanei e disse quale di essi sarebbe morto per primo, quale per secondo, e così di seguito tutti gli altri. In tre modi, del resto, Posidonio ritiene che gli uomini sognino per impulso divino: nel primo, perché l’anima prevede da sé, essendo unita da parentela con gli dèi; nel secondo, perché l’aria è piena di anime immortali, nelle quali i segni della verità appaiono, per così dire, chiaramente impressi; nel terzo, perché gli dèi stessi parlano coi dormienti. E che le anime predicano il futuro avviene più facilmente all’appressarsi della morte, come ho detto or ora. 65. Si comprende così quell’episodio di Callano, a cui ho accennato prima, e quello dell’Ettore omerico, che, morente, predice ad Achille la morte vicina.”

È un brano che mi colpisce. Io sogno spesso i morti che mi sono cari. Stanno bene e abbiamo belle conversazioni. Anni fa ho sognato anche della mia morte imminente. Un sogno preciso. Avevo detto qualche parola alle esequie per un amico. L’addetto mi invita a restare, a dire qualche parola pure per me, giacché è in programma il mio funerale. Non c’è stato.

Nel secondo libro Cicerone ricorda Catone: si meravigliava “che un arùspice non si mettesse a ridere quando vedeva un altro arùspice”. Non ridevano, stavano serissimi, come quando un no-vax incontra un no-vax. Ancora in questo libro sottolinea la superiorità della medicina su vaticini e deliri. “9. Al capezzale dei malati non siamo soliti chiamare profeti o indovini, ma medici”. Non così il presidente degli USA e i suoi emuli nostrani. C’è dunque chi crede più ai maghi, allora come ora, soprattutto se si autocandidano al premio Nobel. Cicerone prova a farli ragionare: “12. Dunque un indovino sarà più bravo di un navigatore nelle previsioni del tempo, o diagnosticherà una malattia con più perspicacia di un medico, o deciderà in anticipo il modo di condurre una guerra meglio di un comandante?”. Naturalmente non si convince nessuno.

Certo i medici, come tutti gli esperti, si possono sbagliare, “16. Il medico prevede l’aggravarsi di una malattia seguendo il filo di un ragionamento; e allo stesso modo il comandante prevede un agguato, il navigatore le tempeste; eppure anch’essi, non di rado, si sbagliano, pur non formandosi alcuna opinione senza una ragione ben precisa; così come il contadino, quando vede un olivo in fiore, ritiene che vedrà anche i frutti, non senza ragione; e tuttavia qualche volta si sbaglia. E se si sbagliano coloro che nulla dicono senza aver fatto qualche ipotesi e qualche ragionamento probabile, che cosa dobbiamo pensare delle profezie di quelli che predicono il futuro in base alle viscere, agli uccelli, ai prodigi, agli oracoli, ai sogni?”.

Grande è la responsabilità dei medici spesso di fronte a dilemmi etici. Non è il più difficile quello che Cicerone espone. “54. Ma questo non lo fanno neppure gli uomini onesti, di preannunciare agli amici sciagure incombenti alle quali essi non possono sfuggire in alcun modo; per esempio i medici, pur rendendosene conto spesso, tuttavia non dicono mai agli ammalati che la loro malattia li condurrà certamente a morte: ché ogni predizione di un pericolo grave è da approvarsi soltanto quando alla predizione si aggiunge l’indicazione dei mezzi per poter guarire”. Dire sempre e come la verità, o quel che si crede sia, al paziente? È un tema ancora discusso.

È bene infine che le prescrizioni siano chiare, dei medici come delle autorità. “133 Sarebbe come se un medico prescrivesse a un malato di prender come cibo ‘la nata dalla terra, strisciante sull’erba, portatrice della propria casa, priva di sangue’ invece di dire, come diciamo tutti, ‘lumaca’.” Gli estensori dei covid Dpcm dovrebbero tenerne più conto. Non ho ancora capito, ad esempio, se posso camminare – correre non ci riuscirei – sulle mura cittadine o se permane il divieto del sindaco o del vice o di non so chi. Anche i nostri sacerdoti, sin qui calmi e collaborativi, sembrano irritati e “non possono accettare di vedere compromesso l’esercizio della libertà di culto”. Poi ci sono politici che, come gli àuguri traevano auspici (aves inspicere) dal volo degli uccelli, decidono la loro posizione sulla base dei sondaggi. C’è un collegamento forte con la capacità predittiva degli uccelli. Sono con tutta evidenza avvoltoi avidi di cadaveri. Li vediamo volare minacciosi.

 

Di Daniele Lugli

Daniele Lugli (Suzzara, 1941, Lido di Spina 2923), amico e collaboratore di Aldo Capitini, dal 1962 lo affianca nella costituzione del Movimento Nonviolento di cui sarà nella segreteria dal 1997 per divenirne presidente, con l’adozione del nuovo Statuto, come Associazione di promozione sociale, e con Pietro Pinna è nel Gruppo di Azione Nonviolenta per la prima legge sull’obiezione di coscienza. La passione per la politica lo ha guidato in molteplici esperienze: funzionario pubblico, Assessore alla Pubblica Istruzione a Codigoro e a Ferrara, docente di Sociologia dell’Educazione all’Università, sindacalista, insegnante e consulente su materie giuridiche, sociali, sanitarie, ambientali - argomenti sui quali è intervenuto in diverse pubblicazioni - e molto altro ancora fino all’incarico più recente, come Difensore civico della Regione Emilia-Romagna dal 2008 al 2013. È attivo da sempre nel Terzo settore per promuovere una società civile degna dell’aggettivo ed è e un riferimento per le persone e i gruppi che si occupano di pace e nonviolenza, diritti umani, integrazione sociale e culturale, difesa dell’ambiente. Nel 2017 pubblica con CSA Editore il suo studio su Silvano Balboni, giovane antifascista e nonviolento di Ferrara, collaboratore fidato di Aldo Capitini, scomparso prematuramente a 26 anni nel 1948

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