• 19 Marzo 2024 7:33

Cosa possiamo imparare

DiCarlo Bellisai

Mar 29, 2020

Vorrei porre una domanda a uno di voi, a ciascuno di voi: il vostro desiderio più forte è quello di tornare al più presto ad una vita normale? Immagino che tutti, o quasi tutti, risponderebbero di si. Ma cosa s’intende per normalità? Probabilmente lo stile di vita prima dell’emergenza? Quella normalità che ci vedeva correre da una parte all’altra, per produrre, per comprare, per essere efficienti e competitivi? Quella che ci faceva sentire stressati e ci portava spesso a trascurare la riflessione, l’osservazione, la condivisione, l’ascolto, i sentimenti, i ricordi? La normalità dell’enorme sperequazione sociale fra gli esseri umani, delle discriminazioni di genere, di tendenza sessuale, di etnia, di religione e di opinione politica, dello sperpero di denaro pubblico per gli apparati, i poligoni e gli arsenali militari, dell’ignominia delle guerre, della predazione feroce delle risorse della terra, dell’avvelenamento dell’aria, del suolo e delle acque del pianeta? La normalità di un mondo arido ed esaltato, governato dall’ onnipotenza dell’economia e del profitto?

Alcuni, forse tanti, di voi direbbero: no, parliamo della normalità di essere liberi di uscire, di poter andare a lavorare, di mandare i propri figli a scuola, di poter abbracciare i parenti, di essere curati quando ci si ammala, di ritrovarsi in piazza con gli amici, di andare in un locale a bere e mangiare in compagnia, di visitare una mostra, andare al cinema, a teatro, ad un concerto, allo stadio, alla presentazione di un libro, ad una manifestazione.

Certo, ognuno di noi si sente oggi privato di molte libertà fondamentali, soprattutto quelle di spostamento e di riunione, e vivrebbe come una liberazione la fine dell’emergenza contagio e il progressivo allentarsi delle restrizioni individuali. Per cui il concetto di tornare alle libertà democratiche ed ai diritti dell’uomo, fra cui quello dello spostamento e dell’incontro, è più che un auspicio comune, una convinzione profonda. Il problema potrebbe essere quello dei tempi che si prolungano e della vulnerabilità di una popolazione messa sotto stress. Speriamo solo non ci siano i “dagli all’untore!” di manzoniana memoria che, purtroppo, vediamo qui e là affiorare.

Ma, ragionandoci su, non dovremmo lasciarci sfuggire un’occasione come questa per fare chiarezza dentro a noi stessi e pensare come vorremmo che fosse il mondo per i nostri figli, nipoti e pronipoti. Il virus Covid 19 ci costringe chiusi in casa a riflettere, finalmente ognuno con la sua testa, anche se in mezzo a condizionamenti spesso pesanti. Per me ne segue che un ritorno alla normalità senza radicali cambiamenti di tendenza sulla corsa alle armi, l’inquinamento incontrollato e la progressiva robotizzazione del lavorare e dello stesso esistere, sarebbe un gigantesco spreco di energie collettive. Per questo vorrei porre un’altra domanda ad uno di voi, a ciascuno: Cosa fareste pensando ai vostri nipoti e pronipoti?

Aggiungo solo che quando i ragazzi di Friday for Future, appena due o tre mesi fa, andavano per le strade chiedendo lo stato d’emergenza ambientale-climatica sicuramente non potevano pensare a quanto stiamo vivendo in questi giorni, ma già ci stavano mettendo in allarme sulla sostenibilità di questo Sistema per il prossimo futuro. Se non metteremo subito freno al surriscaldamento globale rischieremo in futuro altre catastrofi, anche molto più pesanti e dolorose di quella che viviamo oggi. Continueremo ancora ad ignorarli, una volta tornati alla “normalità”? In queste settimane e mesi, mentre continuano ad aumentare i contagi in Europa e in tutto il mondo, la paralisi economica sta regalando al pianeta una parziale ma netta diminuzione delle emissioni inquinanti, ai popoli afflitti la diminuzione dei bombardamenti e della furia della guerra. Solo l’estrema emergenza ci ha costretto a quello che, razionalmente, avremmo già dovuto fare da tempo. Sapremo farne un apprendimento?

Carlo Bellisai

Di Carlo Bellisai

Sono nato e vivo in Sardegna. Mi occupo dai primi anni Novanta di nonviolenza, insegno alla scuola primaria, scrivo poesie e racconti per bambini e raccolgo storie d’anziani. Sono fra i promotori delle attività della Casa per la pace di Ghilarza e del Movimento Nonviolento Sardegna.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.