• 19 Marzo 2024 11:37

Diritti, l’unico vaccino per la democrazia

DiNicola Canestrini

Dic 15, 2021

 

Doveva andare #tuttobene.

E’ forse arrivato il momento di dirci che così non è stato, almeno sinora, per quel che riguarda la tutela dei diritti fondamentali?

L’emergenza sanitaria comprensibilmente spinge la società a privilegiare la sicurezza (vera o “percepita”) rispetto ai diritti di libertà.

Ed è innegabile che è il bilanciamento tra diritti e doveri la prima chiave di lettura dell’equilibrio costituzionale e convenzionale: in una fase di crisi da emergenza sanitaria il bilanciamento fra libertà e sicurezza si snoda anche nel rapporto fra aspetto individuale e collettivo del diritto alla salute. In nome dell’interesse collettivo alla salute possono quindi legittimamente essere limitati diritti fondamentali, naturalmente se le misure siano effettivamente (!) funzionali alla protezione della salute anche collettiva. In condizioni di emergenza sanitaria, come quelle innescate dall’epidemia in atto, la limitazione dei diritti fondamentali prevista dalla Costituzione in situazioni eccezionali, è quindi possibile, a condizione che le procedure seguite siano in sintonia con i precetti costituzionali, e tenuto presente che la nostra Costituzione non contiene, a differenza di altri ordinamenti, disposizioni sulla distribuzione dei poteri in fase di emergenza.

Soprattutto la prima fase emergenziale ha però prodotto una alluvionale e disorganica massa di atti normativi: atti derogatori a previsioni costituzionali, atti derogatori a fonti primarie, fonti secondarie, ordinanze contenibili ed urgenti e atti interni all’amministrazione (circolari e note esplicative, o addirittura FAQ ..), sia statali, regionali, provinciali, comunali. Questa confusione, esasperata da meccanismi comunicativi non sempre razionali (uso propagandistico dell’informazione, click baiting, fake news .. ) ha inciso sulla percezione dell’emergenza da parte dei cittadini, aumentando il senso di smarrimento e quindi diminuendo la fiducia nell’azione delle autorità, con ovvii riflessi sulla (percepita) legittimità della rappresentanza e quindi sulla nostra democrazia.

C’è sempre una emergenza in nome della quale sacrificare diritti.

Il futuro e la scienza ci diranno se le limitazioni importanti dei diritti fondamentali che abbiamo sofferto fossero o meno giustificate: quel che vale la pena rimarcare è che i diritti fondamentali possono essere compressi ma non cancellati, perché le regole valgono anche, o forse soprattutto, nelle emergenze. La Repubblica infatti non attribuisce ma riconosce (e garantisce) i diritti inviolabili dell’uomo: ciò significa che i diritti fondamentali (r)esistono, indipendentemente dal volere dell’autorità. E ogni deroga, anche se dovuta ad una situazione emergenziale, rischia di introdurre il deleterio pensiero che, tutto sommato, i diritti fondamentali siano a disposizione delle autorità a seconda delle esigenze, e che quindi la loro portata sia sminuita anche in contesti di (ritrovata) normalità.

Ma dobbiamo ribadirlo ancora una volta: un diritto che dipende dal beneplacito dell’autorità non è un diritto, è un favore, una concessione, nulla più: e a chi accetta tale impostazione sulle ali della paura, andrebbe ricordato che secondo Zygmunt Bauman, autorevole studioso della post modernità, “la paura è gemello siamese del male“. La paura rischia quindi di accettare compromessi che semplicemente non possono essere accettati, pena la trasformazione della nostra società.

Ma il virus ha forse già cambiato la nostra società, contagiando anche la democrazia?

Cure a pagamento?

Il dubbio sorge, ad esempio, assistendo al surreale al dibattito sulla necessità di far pagare delle cure ospedaliere per il Covid19 a chi non si è vaccinato: ipotesi che a più riprese è stata (incredibilmente) avanzata nelle ultime settimane da economisti, virologi, politici, e che ha trovato terreno fertile nel popolo non solo social, animato da quella cattiveria diventata “la leva cinica di un presunto riscatto” (rapporto CENSIS 2018), che “si dispiega in una conflittualità latente, individualizzata, pulviscolare”, gettando l’Italia in preda al “sovranismo psichico”, viatico di atteggiamenti che “talvolta assum(ono) i profili paranoici della caccia al capro espiatorio”. ‘

Anche all’estero i non vaccinati pagano le cure”, qualcuno dirà: ma basti dire che secondo il rapporto Freedom House 2021 Singapore, unico stato che sinora ha annunciato questo approccio, sul versante dei diritti politici e le libertà civili ha ricevuto il poco lusinghiero giudizio di 48 punti su 100 (in discesa rispetto all’anno precedente). Ma già il solo fatto di aver messo in dubbio la gratuità delle cure, espressione più alta della tutela del diritto alla salute, è un danno: anche una volta archiviata – si spera – come boutade senza fondamento, l’idea continuerà a covare nell’organismo ormai infettato, pronto ad approfittare della prossima emergenza. Perché si sa, c’è sempre una emergenza in nome della quale sacrificare diritti.

Vietato il dissenso?

Preoccupazione ancora maggiore – anche perché è un atto che ha effetti vincolanti per l’autorità di polizia – desta la recente circolare del Ministero dell’Interno dello scorso 10 novembre che limita il diritto di riunione e quindi quello di libertà di manifestazione del pensiero. Nello specifico, viste le manifestazioni critiche verso le politiche governative di contrasto del contagio, la Ministra dell’Interno ha emanato una direttiva tesa a limitare le manifestazioni pubbliche invitando i Prefetti ed i Sindaci a disporre specifiche prescrizioni per lo svolgimento di manifestazioni preavvisate ordinando ad esempio che siano svolte in forma statica o seguendo percorsi idonei a preservare aree urbane nevralgiche.

E ciò non solo per le manifestazioni “no-vax” (quanto è facile evitare il dialogo appiccicando etichette!), ma anche “per manifestazioni pubbliche attinenti ad ogni altra tematica”. E’ evidente che, come immediatamente rilevato dall’Associazione nazionale giuristi democratici, ogni manifestazione pubblica, per la semplice compresenza fisica di più individui, genera un potenziale pericolo; ma il presupposto costituzionale di una limitazione al diritto di riunione — i “comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica” dell’art. 17 Costituzione — è che lo svolgimento della riunione generi un pericolo altamente probabile e che gli effetti che si vogliono evitare debbono essere dettagliatamente espressi. Ma se i cortei si svolgono nel pieno rispetto delle misure di natura sanitaria, come possono essere costituzionalmente plausibili ragioni astratte, ex ante, di prevenzione sanitaria che possano giustificare stringenti limitazioni delle riunioni in luogo pubblico?

Limitare il diritto di riunione e di esprimere il proprio pensiero significa in definitiva limitare la democrazia, perché “il diritto alla libertà di riunione è un diritto fondamentale per una società democratica e, non diversamente dal diritto alla libertà di espressione, costituisce uno dei fondamenti di un tale tipo di società. Di conseguenza non può essere soggetto ad un’interpretazione restrittiva (..) Sullo Stato non ricade solamente il dovere di garantire il diritto di riunione pacifica ma anche quello di astenersi dall’applicare ad esso restrizioni di tipo indiretto” (Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, sentenza 12 ottobre 2005).

La interpretazione restrittiva ministeriale tocca quindi alcuni dei diritti costituenti una democrazia, tra cui quello al dissenso.

E’ stato scritto che il rapporto dialettico che si instaura fra consenso e dissenso è l’elemento propulsore della crescita di una società civile; l’uno incarna le istanze della maggioranza dei membri della collettività di riferimento, l’altro funge da controllo e propone visioni alternative, divenendo portatore delle esigenze di una parte, più o meno numerosa, della medesima comunità politica. Trascurare il problema del dissenso, della sua analisi, delle sue cause, dei suoi giusti momenti di espressione e di canalizzazione in forme di circolazione democratiche e dialettiche, in senso propositivo-costruttivo e non oppositivo distruttivo, secondo il modello del “terrorismo politico”, è grave per una democrazia contemporanea ed è errore inversamente proporzionale all’eccessiva spinta a ricercare il consenso da parte del ceto dominante.

Sono i diritti la cura ed il vaccino per la nostra democrazia contagiata dal virus dell’emergenza. E come disse Benjamin Franklin: “those who would give up essential Liberty, to purchase a little temporary Safety, deserve neither Liberty nor Safety”.

Di Nicola Canestrini

Avv. Nicola Canestrini Laureato summa cum laude con una tesi di laurea sul nesso tra diritto e democrazia, difende diritti dentro e fuori dalle aule. Figlio di Sandro Canestrini, storico avvocato difensore degli obiettori di Coscienza al servizio militare e amico del Movimento Nonviolento, è titolare dello studio canestriniLex :: avvocati www.canestrinilex.com. IMPORTANTE: quanto pubblicato in questa rubrica va riportato al solo pensiero personalissimo dell'autore.

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