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Per un ABC della nonviolenza – II parte

DiDaniele Lugli

Ago 14, 2023

«Non sono capace di scrivere un breviario della nonviolenza», scriveva Daniele Lugli all’amico giornalista Francesco (Checco) Monini che gli chiedeva un intervento per la testata online ferraraitalia, oggi “Periscopio”. Si è dedicato a un ABC, questo sì. Alla terza lettera si è fermato, ma trovandole tre significati. Uno più bello dell’altro.

La prima parte dell’articolo, dedicata alla A e alla B, si può leggere a questo link.

C come centro

Sempre Capitini ci invitava a farci centro di proposta e di azione. «Con gli Elementi era apparsa la fiducia nella costituzione di attivi ‘centri’ per una riforma religiosa, e ne era indicato, in fondo, già sorto uno, di una ricerca che da allora non si sarebbe interrotta, legato alla mia attività… Fino al 1944 io non avevo formato, per la mia riforma, nulla di veramente istituzionale, ed ero isolato, fors’anche più di quanto alcuni pensassero. Se fossi morto, non ci sarebbe stato che ciò che avevo detto e scritto, e alcuni atti e decisioni; cioè il centro era stato una persona… Ricominciavo veramente da una posizione di centro individuale, e mai, forse, parola è stata più adatta alle mie iniziative… la costituzione a Perugia, in Via dei Filosofi, di un Centro di orientamento religioso (C.O.R.) per periodiche conversazioni e di un Centro per la nonviolenza aveva a poco a poco sostituito la convocazione di convegni romani con la sollecitazione a costituire centri, come a Perugia, il che poi nessuno ha fatto in modo continuato e aperto come a Perugia».

Non solo ci invitava a farci centro ma a costituirne, rinnovando l’esperienza dei Centri di Orientamento Sociale, i C.O.S. Dopo quello di Perugia il C.O.S. di Ferrara, animato da Silvano Balboni è stato il più rilevante. «Subito dopo la liberazione di Perugia, nel luglio 1944, costituii il Centro di orientamento sociale (C.O.S.) per periodiche discussioni aperte a tutti, su tutti i problemi amministrativi e sociali. Fu un’iniziativa felice che convocava molta gente e le autorità (tra cui il prefetto e il sindaco), molto desiderata da tutti per l’interesse ai temi e per la possibilità di ‘ascoltare e parlare’; e si diffuse nei rioni della città, in piccole città dell’Umbria, e in città come Firenze e Ferrara. Nessuna istituzione la diffuse e la moltiplicò, e il mio sogno che sorgesse un C.O.S. per ogni parrocchia era molto in contrasto con il disinteresse e l’avversione che, dopo pochi anni, sorse in molti contro un’istituzione così indipendente, aperta, critica; né si poteva dire che l’organizzazione ne fosse difficile; ci sarebbe voluta tuttavia una virtù: la costanza… Non lo Stato antifascista, ma molto meno quello che seguì al 1948, erano in grado di valersi dei C.O.S. ed inserirli nella struttura pubblica italiana, ad integrazione della limitata democrazia rappresentativa del parlamento e dei consigli comunali e provinciali».

C come compresenza

C’è un nocciolo religioso che sfocia nella compresenza, nel tutti che è plurale di tu e che neppure la morte può annullare. «Nella prigione e durante l’esplicazione della rivolta partigiana (a cui non partecipai) mi si concretò l’idea dello stretto rapporto intersoggettivo che si esprimeva nella nonviolenza, e, nascosto in campagna mentre si sentivano i tedeschi passare nella notte lungo le strade, scrissi quel libretto “La realtà di tutti” (nella primavera del 1944), che completa la mia tetralogia antifascista, con un supremo appello alla compresenza di tutti… la religione, per me, è più della compresenza che di Dio; e perciò la compresenza di tutti (religiosamente dei viventi e dei morti) deve continuamente realizzarsi, come ho già detto, nell’omnicrazia, e chi è centro della compresenza è centro anche di omnicrazia… in quanto pone il tema della ‘discesa’ degli elementi ideali nell’umanità e in una tensione escatologica, il marxismo può essere un passo verso una concezione religiosa della compresenza… È da rilevare anche come si presenta l’apertura religiosa alla compresenza: fuori di ogni pretesa ontologica di tipo vecchio, autoritario e sistematico, che ‘costringa’ gli altri, ma come libera aggiunta alla base di ogni realtà, vedendo ogni essere nascere nella compresenza per sempre, oltreché nella natura che lo consuma…Questa unità o parte interna di tutti, la loro possibilità infinita, la loro novità pura, il loro ‘puro dopo’ la finitezza e tante angustie, l’ho chiamata la compresenza».

C come comunità aperta

Se la compresenza esprime il massimo dell’apertura, perché accanto ai vivi pensa i morti collaboranti nascostamente al valore, la rivoluzione nonviolenta dal basso mira alla Comunità aperta. «Ci vorrà una profonda concezione religiosa che abbia arricchito l’uomo, e fors’anche una grande semplificazione nella vita, che non impedirà ai più alti valori di avere il primato, perché diventi conseguente un modo di trattare tutti, nel modo più aperto, con crescenti uguaglianze, con la gioia di portare gli ultimi tra i primi. Questa comunità nella società sarà la premessa di una vittoria sulla stessa natura, diventata al servizio di tutti come singoli».

A me piace ricordare che la parola d’ordine della Comunità aperta è uscita dal miglior convegno capitiniano, nel maggio del ’48, organizzato a Ferrara da Silvano Balboni. Quel convegno fu decisivo nella scelta di obiezione di coscienza di Piero Pinna.

Di Daniele Lugli

Daniele Lugli (Suzzara, 1941, Lido di Spina 2923), amico e collaboratore di Aldo Capitini, dal 1962 lo affianca nella costituzione del Movimento Nonviolento di cui sarà nella segreteria dal 1997 per divenirne presidente, con l’adozione del nuovo Statuto, come Associazione di promozione sociale, e con Pietro Pinna è nel Gruppo di Azione Nonviolenta per la prima legge sull’obiezione di coscienza. La passione per la politica lo ha guidato in molteplici esperienze: funzionario pubblico, Assessore alla Pubblica Istruzione a Codigoro e a Ferrara, docente di Sociologia dell’Educazione all’Università, sindacalista, insegnante e consulente su materie giuridiche, sociali, sanitarie, ambientali - argomenti sui quali è intervenuto in diverse pubblicazioni - e molto altro ancora fino all’incarico più recente, come Difensore civico della Regione Emilia-Romagna dal 2008 al 2013. È attivo da sempre nel Terzo settore per promuovere una società civile degna dell’aggettivo ed è e un riferimento per le persone e i gruppi che si occupano di pace e nonviolenza, diritti umani, integrazione sociale e culturale, difesa dell’ambiente. Nel 2017 pubblica con CSA Editore il suo studio su Silvano Balboni, giovane antifascista e nonviolento di Ferrara, collaboratore fidato di Aldo Capitini, scomparso prematuramente a 26 anni nel 1948