• 2 Maggio 2024 15:50

Romagna mia, l’emergenza comincia adesso

DiElena Buccoliero

Ago 9, 2023

Per un insieme di coincidenze, nell’ultimo anno ho avuto collaborazioni e relazioni con realtà di Faenza, Forlì, Ravenna. Per questo, quando l’alluvione ha travolto la Romagna, il mio pensiero è andato spontaneamente alle persone conosciute in questi mesi. Tante non avrei saputo rintracciarle, con altre mi è più facile parlare. Lavorano nel sociale con bambini, adolescenti, famiglie. Il loro racconto è vivo e denso. Ascoltandole mi sembra lampante che – lo dico con le loro parole – l’emergenza, in un certo senso, comincia adesso.

“Subito dopo l’alluvione abbiamo preso in mano le pale e ci siamo messi a pulire. Dovevamo occuparci dei bisogni primari: le case, i luoghi di lavoro e di vita delle persone, la sicurezza. Far sì che avessero tutti un luogo dove tornare la sera. Ora emergono le fragilità emotive, però ancora attutite dalla bella stagione. Tutt’ora tante persone vivono nei bed and breakfast o negli alberghi, anche in cinque o sei in una stanza, in una precarietà difficile da sopportare per mesi e senza una fine certa. Chi invece è stato accolto da un familiare – gli zii, i nonni… – dopo la prima reazione di solidarietà e di entusiasmo sta sperimentando le difficoltà della convivenza. E poi la paura è ancora presente, si risveglia con attacchi di panico a ogni semplice acquazzone”.

Lo capisco benissimo. Ricordo cos’è stato per me e per tanti ferraresi come me, a distanza di mesi dal terremoto del maggio 2012, sussultare sentendo vibrare i vetri di casa per il passaggio di un mezzo pesante. Il pensiero della scossa era acquattato in qualche angolo della mente, pronto a prendere il sopravvento e a fornire la spiegazione più sicura, fino a quando uno sguardo in strada razionalizzava i pensieri e quietava la paura.

“Tante persone non hanno più la loro casa e non si tratta solo di un patrimonio che va in fumo”, prosegue l’amica faentina. “La casa è il luogo degli affetti, delle relazioni più importanti e dell’identità. I bambini esprimono il loro smarrimento in modo palese – enuresi, disturbi del sonno, ansia di perdere i propri riferimenti affettivi – ma il post alluvione è durissimo per tutti, adulti e ragazzi. E qui dobbiamo tenere conto che anche chi dovrebbe aiutare, come i genitori o gli insegnanti, come noi operatori sociali, ha su di sé la stessa ferita che dovrebbe curare negli altri”.

Chi invece è stato risparmiato, insieme al sospiro di sollievo vive il senso di colpa del sopravvissuto, che non può brindare a cuor leggero vedendo accanto a sé altri soffrire.

Forlì, colpita solamente in alcune zone, vive una scissione tra chi quasi non si è accorto di niente e chi ha avuto la vita stravolta. Anche qui e nei paesi intorno, specialmente in montagna dove non sono mancate le frane, tante famiglie sono state sfollate. I bambini e i ragazzi non hanno fatto neppure in tempo a salutare gli amici, e chissà se potranno tornare nelle loro case e riprendere la scuola a settembre.

“A Faenza per fortuna ci sta aiutando la SIPEm, la Società Italiana di Psicologia dell’Emergenza” (due testimonianze si possono leggere qui oppure qui). “Ci rendiamo conto che abbiamo tanto da capire e da inventare. Ad esempio, capiamo che i cittadini stranieri hanno bisogno di essere ascoltati nella loro lingua madre e stiamo cercando di organizzarci, di lavorare con singoli e con gruppi e questo anche parlando degli adolescenti, italiani o stranieri che siano. Occorrono attività di socializzazione, la risposta non può essere soltanto sanitaria, primo perché anche volendo non ci sarebbero risorse sufficienti e poi perché non sarebbe giusto medicalizzare tutto. Il problema è che gli spazi della città sono da ripensare perché alcuni luoghi di aggregazione sono stati danneggiati e chissà quando potranno ritornare agibili. Lo stesso vale per le palestre, che sarebbero molto importanti per promuovere attività sportive con il loro valore aggregativo ma non sono state risparmiate dal fango e a settembre, quando riapriranno le scuole, chissà se si potrà fare educazione fisica”.

I romagnoli, si sa, non si perdono d’animo.

“Stiamo attivando una rete di collaborazione molto forte tra i servizi del territorio e la scuola. Ci prepariamo a coinvolgere tutti: parrocchie, centri sociali, centri di aggregazione. Sperimenteremo forme nuove di collaborazione tra adolescenti e anziani facendo tesoro dei luoghi ancora agibili. Dobbiamo ricomporre la comunità, se non vogliamo andare incontro alla disgregazione”.

La risposta al trauma collettivo è stata immediata all’insegna della solidarietà.

“In quella fase gli adolescenti sono stati in prima linea, stivali e guanti da lavoro, aiutando chiunque, non soltanto i familiari o gli amici. Li vedevi in gruppetti ridere e scherzare e intanto avvicinare gli adulti, anche sconosciuti, e proporsi per dare una mano”. Sono nati così i “burdel de paciug”, i ragazzi del pattume, versione romagnola degli “angeli del fango” post alluvione di Firenze negli anni Sessanta, e anche sui “burdel” ci sono testimonianze preziose, ad esempio qui.

“Lo skate park alluvionato è stato ripristinato dai ragazzi, tanto per dirne una”, spiega la mia amica. “E il fenomeno del ritiro sociale, che soprattutto dopo il covid è forte tra gli adolescenti anche nella nostra realtà, si è ridimensionato almeno per un po’, con giovani che trovavano la motivazione per lasciare la loro stanza – se ancora ce l’avevano – e unirsi agli altri per rendersi utili. Il problema ora è non disperdere questi legami di comunità, è farli diventare forti e duraturi”.

 

 

Di Elena Buccoliero

Faccio parte del Movimento Nonviolento dalla fine degli anni Novanta e collaboro con la rivista Azione nonviolenta. La mia formazione sta tra la sociologia e la psicologia. Mi occupo da molti anni di bullismo scolastico, di violenza intrafamiliare e più in generale di diritti e tutela dei minori. Su questi temi svolgo attività di formazione, ricerca, divulgazione. Passione e professione sono strettamente intrecciate nell'ascoltare e raccontare storie. Sui temi che frequento maggiormente preparo racconti, fumetti o video didattici per i ragazzi, laboratori narrativi e letture teatrali per gli adulti. Ho prestato servizio come giudice onorario presso il Tribunale per i Minorenni di Bologna dal 2008 al 2019 e come direttrice della Fondazione emiliano-romagnola per le vittime dei reati dal 2014 al 2021. Svolgo una borsa di ricerca presso l’Università di Ferrara sulla storia del Movimento Nonviolento e collaboro come docente a contratto con l’Università di Parma, sulla violenza di genere e sulla gestione nonviolenta dei conflitti.