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Difendere l’ambiente è pericoloso

DiDaniele Lugli

Ago 10, 2020

“Global Witness” di Londra ha presentato un recente rapporto dal quale risultano 212 difensori della terra e dell’ambiente uccisi nel 2019, 30% in più dei 164 uccisi nel 2018, 40% indigeni, proprietari terrieri tradizionali, più di 2/3 in America Latina, Colombia prima, con 64 omicidi. Già “Nature” nel 2019 conteggiava, tra il 2002 e il 2017, l’uccisione di 1.558 difensori dell’ambiente, raddoppiando da due a quattro alla settimana nel periodo. “Deutsche Welle” ne ha riportato i dati essenziali.

L’autrice del rapporto Mary Menton, ricercatrice di giustizia ambientale, Università del Sussex, stima che il numero potrebbe essere doppio, stante la difficoltà di denunciare. Quanto alle indagini solo il 10% degli autori è perseguito. Rachel Cox, attivista di “Global Witness”, nota che “Le popolazioni indigene sono particolarmente vulnerabili agli attacchi poiché resistono alle attività minerarie, al disboscamento, ai progetti agroalimentari che distruggono le loro condizioni di vita e accentuano il cambiamento climatico. Se vogliamo veramente una ripresa verde con al centro la sicurezza, la salute e il benessere delle persone, la sorte di questi difensori ci interessa vitalmente”.

Il dato delle Colombia si spiega per la mancata attuazione dell’accordo di pace del 2016 con le FARC e quindi della protezione degli agricoltori, che passano dalla coca al cacao e al caffè per ridurre la produzione di cocaina. Il governo, a partire dal presidente Duque, non ha certo voluto l’accordo e non si impegna nella sua attuazione. È opera del precedente presidente Santos, Premio Nobel per la pace del 2016. Ha posto fine a una guerra durata mezzo secolo, ma cresce l’onda di violenza armata in varie zone del Paese. Se agli uccisi in Colombia si aggiungono quelli delle Filippine si supera già la metà del totale. Già nel 2018 aveva una cifra record di 30 omicidi. Sono almeno 46 i difensori ambientali uccisi l’anno scorso. Nelle Filippine. Leon Dulce, coordinatore nazionale di Kalikasan People’s Network for the Environment, (una rete popolare attiva dal ’97) avverte che si annunciano più ondate di violenza per l’espansione delle attività minerarie e del disboscamento, voluta dal Governo. Il presidente Duterte usa le leggi anti-terrorismo contro gli attivisti, indicati come criminali. Nell’isola di Mindanao ci sono 19 omicidi per l’opposizione all’olio di palma e ad altre piantagioni. I nativi, Lumad, difendono gli ultimi corridoi forestali dell’isola, ostacolando miniere, dighe, attività agricole”. La vulnerabilità delle Filippine ai tifoni rende benemerita questa resistenza.

In Brasile Bolsonaro sostiene l’espansione dell’industria agroalimentare in Amazzonia. La deforestazione è aumentata del 74% in un anno, dal 2018 al 2019. Dei 24 omicidi di difensori della terra, quasi tutti sono avvenuti in Amazzonia. I suoi discorsi d’odio, dice Mary Menton, incoraggiano la violenza contro le comunità indigene.

I 18 assassinati in Messico pagano principalmente la loro opposizione a deforestazioni illegali e allo sviluppo di infrastrutture energetiche di carbone e gas. Il passaggio da 4 assassinati nel 2018 a 14 in Honduras lo rende il paese più pericoloso per i difensori della terra e dell’ambiente nel 2019, tenuto conto della popolazione. Dall’esempio di Berta Caceres, assassinata nel 2016, dopo aver vinto il Goldman Environmental Prize, le donne sono particolarmente importanti nella lotta contro le società e i gruppi criminali che vogliono portare via la loro terra. I Garifuna, afro-amerindi che vivono sulla costa orientale, sono particolarmente colpiti per la difesa delle loro terre dalle palme da olio e dallo sviluppo turistico. Gruppi criminali li attaccano impunemente.

In questa rassegna non vedremmo paesi europei se non fosse per la Romania. Due guardie forestali che sono state uccise nel 2019 per l’impegno contro il disboscamento illegale. Oltre la metà delle foreste primitive e di vecchia crescita – i polmoni dell’Europa – sono in Romania. C’è una “mafia del legno” che l’UE si è decisa, pare, a sanzionare. 20 milioni di metri cubi di legno vengono abbattuti illegalmente, più di quanti siano abbattuti legalmente. Ci vuole la complicità di chi dovrebbe controllare. Chi non ci sta corre rischi. Dal 2014 quasi 200 guardie forestali sono state aggredite: 6 uccise. Queste due erano state pesantemente minacciate. In migliaia hanno marciato a Bucarest alla fine dello scorso anno contro il disboscamento illegale e per un’indagine sugli assassini. Nessuno è stato accusato.

C’è chi sta in prima linea dunque e lotta anche per noi. Leggo che Greta Thunberg devolverà alle loro organizzazioni una forte somma. Ha ricevuto un premio da una fondazione portoghese Calouste Gulbenkian. Lo versa tutto, un milione di euro, a loro. Comincia con gli indios dell’Amazzonia. A me era già simpatica.

La leader indígena brasiliana Sonia Guajajara (al centro nella foto di copertina), membro della tribù Guajajara e coordinatrice di Articulação dos Povos Indígenas do Brasil (Organizzazione dei Popoli Indigeni del Brasile), chiede al Parlamento Europeo di fare pressione sul governo brasiliano affinché garantisca una migliore protezione dei diritti delle comunità indigente.

Di Daniele Lugli

Daniele Lugli (Suzzara, 1941, Lido di Spina 2923), amico e collaboratore di Aldo Capitini, dal 1962 lo affianca nella costituzione del Movimento Nonviolento di cui sarà nella segreteria dal 1997 per divenirne presidente, con l’adozione del nuovo Statuto, come Associazione di promozione sociale, e con Pietro Pinna è nel Gruppo di Azione Nonviolenta per la prima legge sull’obiezione di coscienza. La passione per la politica lo ha guidato in molteplici esperienze: funzionario pubblico, Assessore alla Pubblica Istruzione a Codigoro e a Ferrara, docente di Sociologia dell’Educazione all’Università, sindacalista, insegnante e consulente su materie giuridiche, sociali, sanitarie, ambientali - argomenti sui quali è intervenuto in diverse pubblicazioni - e molto altro ancora fino all’incarico più recente, come Difensore civico della Regione Emilia-Romagna dal 2008 al 2013. È attivo da sempre nel Terzo settore per promuovere una società civile degna dell’aggettivo ed è e un riferimento per le persone e i gruppi che si occupano di pace e nonviolenza, diritti umani, integrazione sociale e culturale, difesa dell’ambiente. Nel 2017 pubblica con CSA Editore il suo studio su Silvano Balboni, giovane antifascista e nonviolento di Ferrara, collaboratore fidato di Aldo Capitini, scomparso prematuramente a 26 anni nel 1948

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