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Viminale

DiDaniele Lugli

Ago 26, 2018

In verità si intende non il colle, né l’imponente edificio, ma il suo più importante ed ingombrante inquilino. Ogni tanto affiora alcunché degli altri residenti, che nessuno chiama sottoviminali, ma sottosegretari. Vorrei colmare un po’ questa lacuna. Ce ne sono due attribuiti ai Cinque stelle e due alla Lega.

In quota Cinque stelle è Luigi Gaetti, medico (con brevi trascorsi leghisti) e già senatore. Ha ricevuto una delegazione di no vax entusiasti: “Con nostro sommo piacere, abbiamo riscontrato nell’uomo, nel medico, una disponibilità, un apertura mentale che, da tempo, era scomparsa da dentro le istituzioni”. Sempre dei Cinque stelle è Carlo Sibilia, araldo del movimento. Non mi unirò al dileggio al quale è talora esposto per invidiate scelte di vita e illuminate posizioni assunte: partecipazione al Grande fratello e negazionismo nei confronti dello sbarco lunare. Riprendo perciò semplicemente l’attacco del suo curriculum e l’esortazione che vi è contenuta: “Ciao a tutti, sono Carlo Sibilia, sono nato ad Avellino una fredda notte di neve alle ore 4:00 del 7 febbraio 1986. Città dove attualmente risiedo… Senti il sapore, l’odore, la bellezza. Ascolta il suono di queste due parole: FUTURO e PROSPETTIVA. Non è meraviglioso? Da quanto tempo non le sentivi pronunciare? Ripetile. Urlale. Cantale”. Tra questi due giganti (o meglio sottogiganti) è sorta una contesa circa l’attribuzione dell’ufficio, nel senso del locale, non certo delle deleghe. Un ufficio è infatti dotato di un’ampia sala per gli incontri e l’altro no. Sibilia ha occupato il più ambito e Gaetti lo vorrebbe. Non so come la questione, importante, si sia risolta o si risolverà.

Sottoviminale leghista è Stefano Candiani, del quale poco so. Risiede in uno di quei centri del Nord che si danno ancora del voi, Tradate. Senatore, si è rivolto al Presidente Grasso dandogli del fascista. Imprenditore, è conosciuto come salviniano di ferro. Per questi e altri – a me ignoti, ma certamente non minori – meriti ha ora l’incarico. Del quarto sottoviminale, Nicola Molteni, avvocato, si è tornato a parlare di recente. Ha rilanciato la proposta di reintrodurre il reato di “accattonaggio molesto”, eliminato nel ’94, aggravandone le pene a suo tempo previste. La spiegazione è semplice: non sopporta i poveri e li vuole in galera. Certo costerebbero molto di più alla collettività, ma nelle questioni di principio non si bada a spese. I comportamenti che si intende sanzionare lo sono infatti già: art. 660 C.P. Molestia o disturbo alle persone e Dlgs 31 marzo 1998 n. 114 sul commercio abusivo. È un aporofobo. Di questa fobia molto diffusa – io per esempio non ne sono indenne, ma non me ne vanto – ho scritto in un precedente post: Poveri noi, aporofobi, 15 gennaio 2018. Già allora il Molteni si impegnò in soccorso al sindaco, che espelleva i mendicanti ripugnanti dal centro storico. Penso sarà il caso di tornare sue questa proposta con maggiore attenzione.

Torno all’incolpevole Collis Viminalis, il più piccolo per estensione e meno importante dei sette colli della fondazione di Roma. Confina con il Quirinale, del quale potrebbe essere considerato una propaggine. In quel caso i colli sarebbero sei e non sette. La cosa è inaccettabile: sparirebbe la magia legata ai settenari, quasi come se mancasse uno dei sette nani. Si chiama così per la presenza un tempo massiccia di salix viminalis, salice da vimini. Una grande varietà di oggetti in vimini sono il prodotto di un artigianato importante in passato e ancora presente, anche dalle mie parti. Il grande palazzo, che vi sorge e ha lo stesso nome, fu voluto da Giolitti, Presidente del Consiglio e Ministro dell’Interno assieme, che non poté però insediarvisi perché ultimato nel 1925. Ci andò un altro: Presidente, Ministro e Duce pure. Restò sede del Governo fino al ’61, fino al trasferimento in pianura a Palazzo Chigi. L’attuale inquilino sente il fascino del primo occupante e l’importanza di unificare le due cariche, come in passato. Intanto vorrebbe dimenticare che il Ministero si trova nel rione Monti, che gli ricorda l’esecrabile Mario, meritevole della damnatio memoriae. Si narra che per rilassarsi ami intrecciare vimini acconci in semplici panieri. Quelli più consistenti e inadatti a quest’uso li tiene, vi fosse mai bisogno di usarli come strumento educativo. Una svimnà a caval a la vita, data al momento giusto, fa miracoli.

Di Daniele Lugli

Daniele Lugli (Suzzara, 1941, Lido di Spina 2923), amico e collaboratore di Aldo Capitini, dal 1962 lo affianca nella costituzione del Movimento Nonviolento di cui sarà nella segreteria dal 1997 per divenirne presidente, con l’adozione del nuovo Statuto, come Associazione di promozione sociale, e con Pietro Pinna è nel Gruppo di Azione Nonviolenta per la prima legge sull’obiezione di coscienza. La passione per la politica lo ha guidato in molteplici esperienze: funzionario pubblico, Assessore alla Pubblica Istruzione a Codigoro e a Ferrara, docente di Sociologia dell’Educazione all’Università, sindacalista, insegnante e consulente su materie giuridiche, sociali, sanitarie, ambientali - argomenti sui quali è intervenuto in diverse pubblicazioni - e molto altro ancora fino all’incarico più recente, come Difensore civico della Regione Emilia-Romagna dal 2008 al 2013. È attivo da sempre nel Terzo settore per promuovere una società civile degna dell’aggettivo ed è e un riferimento per le persone e i gruppi che si occupano di pace e nonviolenza, diritti umani, integrazione sociale e culturale, difesa dell’ambiente. Nel 2017 pubblica con CSA Editore il suo studio su Silvano Balboni, giovane antifascista e nonviolento di Ferrara, collaboratore fidato di Aldo Capitini, scomparso prematuramente a 26 anni nel 1948

2 commenti su “Viminale”
  1. Caro Admin,
    ho come l’impressione che il post che lei ha firmato, sia in realtà di Daniele Lugli.
    Mi sbaglio?
    Cordialità
    Aurora Bedeschi

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