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Il linciaggio è sempre legittimo

DiDaniele Lugli

Mar 3, 2019

La commozione gli ha impedito di considerare che non può essere lui a chiedere la grazia e che il caso non ha nulla a che fare con la legittima difesa. Occorre invece legittimare il linciaggio, anche individualmente gestito.

È una vicenda di quasi otto anni fa, sera del 6 ottobre 2011. Tre cittadini rumeni entrano in un cantiere a Borgonovo Val Tidone sulle rive del fiume. Suona l’allarme e il proprietario esce con un fucile a pompa e spara tre volte in aria. I tre fuggono. Uno risulterà poi ferito a un braccio. Si era evidentemente e letteralmente involato al primo sparo ed è stato colpito all’ala. Uno dei tre, illeso, ritorna per recuperare l’auto usata dal terzetto. Ma lo vede un dipendente del proprietario, rumeno anche lui, che lo blocca, gli sbatte la testa su una pietra e lo tiene lì. Il padrone del cantiere esce di nuovo e spara al petto dell’incauto e maldestro ladro. Dirà di essere inciampato, era in ciabatte, e il colpo è partito. Secondo la perizia balistica il colpo “fu sparato da una persona in piedi verso una persona supina, da una distanza di un metro e mezzo, massimo due”. Il suo dipendente conferma la versione, felice che non abbia sparato in aria o diritto. Avrebbe potuto cogliere lui.

Fin qui i fatti, accertati in tutti i gradi di giudizio, con condanna a quattro anni e sei mesi per tentato omicidio. Ovviamente la legittima difesa, pur nella sua forma più ampia possibile, nulla ha a che vedere con quanto accaduto. Infatti l’avvocato non l’ha mai invocata. Solo al Ministro dell’Interno può venire in mente. Un’esecuzione privata – in un paese nel quale non c’è ancora la pena di morte – è piuttosto parente del linciaggio, un comportamento proprio di una folla accecata, che però anche il singolo potrebbe agire come esponente di tutti i derubati.

L’imprenditore era certo esasperato. Dice di aver denunciato quarantuno furti in cantiere. Minimizza secondo il Ministro che sa tutto “si è difeso dopo cento furti e rapine”. Che sia in carcere “una persona per bene” mentre è “fuori un rapinatore in attesa di un risarcimento dei danni… significa che bisogna cambiare presto e bene le leggi”. Nessuno, naturalmente, ha mai detto che il ferito, fino allora incensurato fosse un rapinatore. Ma sono sottigliezze, pedanterie di fronte alla richiesta di sicurezza.

Poiché la proposta presentata non basta dobbiamo attendercene una sul legittimo linciaggio. Distinto magari tra individuale e collettivo, sia da parte di chi agisce che da chi lo subisce. Ma la norma potrebbe anche essere più semplice e chiara. Una formulazione possibile è questa: È legittima l’esecuzione sommaria, operata di proprio moto da parte di privati cittadini per bene, senza previa condanna giudiziaria, di delinquenti colti in flagrante o comunque di individui ritenuti, secondo la comune opinione delle persone per bene, colpevoli.

Pedante e fuori luogo sarebbe osservare che la domanda di grazia va presentata dal detenuto al Magistrato di sorveglianza, per proseguire il suo corso fino al Presidente della Repubblica. Ma non è così. “Andai da Mattarella per Monella, l’imprenditore bergamasco che subì una vicenda simile. Ora prima voglio parlare con l’avvocato per capire come intendono muoversi e, se servirà, andrò dal Presidente della Repubblica, non ho mica problemi”. Forse qualcuno dovrebbe raccontare come sono andate allora le cose. È vero lui non ha problemi, noi sì e seri.

vigna di Mauro Biani

Di Daniele Lugli

Daniele Lugli (Suzzara, 1941, Lido di Spina 2923), amico e collaboratore di Aldo Capitini, dal 1962 lo affianca nella costituzione del Movimento Nonviolento di cui sarà nella segreteria dal 1997 per divenirne presidente, con l’adozione del nuovo Statuto, come Associazione di promozione sociale, e con Pietro Pinna è nel Gruppo di Azione Nonviolenta per la prima legge sull’obiezione di coscienza. La passione per la politica lo ha guidato in molteplici esperienze: funzionario pubblico, Assessore alla Pubblica Istruzione a Codigoro e a Ferrara, docente di Sociologia dell’Educazione all’Università, sindacalista, insegnante e consulente su materie giuridiche, sociali, sanitarie, ambientali - argomenti sui quali è intervenuto in diverse pubblicazioni - e molto altro ancora fino all’incarico più recente, come Difensore civico della Regione Emilia-Romagna dal 2008 al 2013. È attivo da sempre nel Terzo settore per promuovere una società civile degna dell’aggettivo ed è e un riferimento per le persone e i gruppi che si occupano di pace e nonviolenza, diritti umani, integrazione sociale e culturale, difesa dell’ambiente. Nel 2017 pubblica con CSA Editore il suo studio su Silvano Balboni, giovane antifascista e nonviolento di Ferrara, collaboratore fidato di Aldo Capitini, scomparso prematuramente a 26 anni nel 1948

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