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MSNA e MINA: minori stranieri e italiani non accompagnati

DiDaniele Lugli

Nov 6, 2017

Così ho pensato ai MSNA, Minori Stranieri Non Accompagnati. Fanno un viaggio ben più lungo e pericoloso di quello scuola-casa, quando non muoiono nel percorso… E ho pensato pure ai MINA, Minori Italiani Non Accompagnati, presenti nelle mie letture di bambino.

Save the Children ha realizzato un Atlante dedicato ai MSNA che arrivano in Italia. Tra loro, in crescita negli arrivi, aumentano particolarmente gli infraquattordicenni, in numero assoluto e in percentuale. Ne hanno contati 700 nel 2012 e oltre 2000 nel 2016. L’Atlante con i dati aggiornati (è on-line, ne consiglio la lettura) propone anche qualche storia a ricordarci che i bambini non sono numeri. Che effetto fanno le loro vicende ai coetanei italiani? Io ricordo, facevo le elementari, l’emozione dei racconti di De Amicis su Cuore. Ecco un racconto dall’Atlante e un riassunto da Cuore.

Il piccolo genio – Sono Sami, e avevo una vita normale. Poi la guerra in Siria ha distrutto tutto e tutti. Il negozio di mio padre è stato incendiato, mia madre aveva troppa paura per continuare ad insegnare, e i miei fratellini vivevano barricati in casa. Sono stati i miei genitori a convincermi a partire. Per darmi una possibilità, hanno dovuto rinunciare a me. Li ho visti piangere per giorni, di nascosto. Appena arriverò in Germania mi troverò un lavoro e li farò venire tutti. Ci riuniremo, e sarà l’abbraccio più grande di tutta la storia universale degli abbracci. Sono entrato in Italia passando dalla Grecia, dove mi ero fatto moltissimi amici. Forse perché sono simpatico, ma soprattutto perché sono un piccolo genio dei computer, e tutti venivano da me per farsi aggiustare i telefonini. I telefonini per noi non sono solo degli oggetti. Sono la voce dei nostri familiari, il suono di una speranza, un numero che può cambiarci il destino. Ecco perché mi volevano così bene. Perché li aiutavo a stare in contatto con gli amori delle loro vite. Arrivare in Italia dalla Grecia non è stato facile. Mi sono affidato ai trafficanti e sono riuscito ad attraversare i confini con la Macedonia, la Serbia, l’Ungheria e la Slovenia. Non so quanto tempo ci ho messo. Si perde il senso dei giorni, quando si fugge. C’è solo un’agitazione continua, un punto interrogativo gigante su cosa ti aspetta dall’altra parte. Ma c’è anche una forza, che non so da dove arrivi. Probabilmente dalla disperazione, o dal fatto di sapere che i tuoi genitori stanno aspettando un sms che dica loro “sono arrivato, venite, vi sto aspettando. La Germania è bellissima.” Ecco, è un sms che mi dà la forza. Sarà per questo che mi piace così tanto la tecnologia, e che diventerò il più bravo riparatore di telefonini del mondo.

 Il piccolo patriota padovano – “Ripigliatevi i vostri soldi, – disse con disprezzo il ragazzo, affacciato fuor della tenda della cuccetta; – io non accetto l’elemosina da chi insulta il mio paese”. Così l’undicenne, vittima di tratta, venduto dai genitori due anni prima al capo d’una compagnia di saltimbanchi; il quale, dopo avergli insegnato a fare i giochi a furia di pugni, di calci e di digiuni, se l’era portato a traverso alla Francia e alla Spagna, picchiandolo sempre e non sfamandolo mai. A Barcellona, fuggito dagli aguzzini, si imbarcò per Genova grazie al Console italiano. Tre viaggiatori lo interrogarono e in poche parole rozze, miste di veneto, di spagnuolo e di francese, egli raccontò la sua storia. Non erano italiani quei tre viaggiatori; ma capirono, e un poco per compassione, un poco perché eccitati dal vino, gli diedero dei soldi. Gliene diedero altri e il ragazzino pensò, ritiratosi nella cuccetta, che a casa lo avrebbero accolto meglio. Erano una piccola fortuna per lui quei denari. Ma i tre viaggiatori, parlando dei loro viaggi in vari paesi, vennero a ragionare dell’Italia in termini denigratori. Il fanciullo, De Amicis non lo dice, ebbe allora il dono delle lingue, perché capì benissimo e una tempesta di soldi e di mezze lire si rovesciò sulle loro teste e sulle loro spalle, e saltellò sul tavolo e sull’impiantito con un fracasso d’inferno. Tutti e tre s’alzarono furiosi, guardando all’in su, e ricevettero ancora una manata di soldi in faccia.

Il confronto mi pare sia a tutto vantaggio del piccolo siriano, rafforzato nella sua speranza e nei suoi propositi. Il bimbo padovano torna, per essere forse nuovamente venduto, ma fiero del suo patriottismo.

Potrei continuare con un confronto sempre tra narrazioni dall’Atlante e da Cuore, tra Felicity solo di nome e Naufragio. Felicity è ingannata, venduta come prostituta, da persona trasformata in cosa, con la mediazione di un amico del padre. La coetanea Elisabetta è invece salvata nel naufragio del bastimento dall’orfano, dodicenne e siciliano, Mario, conosciuto in viaggio che annega al posto suo. Ancora potrei proporre Ultima classe e Dagli Appennini alle Ande: dall’Afghanistan all’Italia, dall’Italia all’Argentina, due lunghi viaggi conclusi bene e aperti alla speranza. Conclude il piccolo afghano: arrivato in Italia, alla Stazione di Polizia mi hanno dato acqua e cibo. Nessuno era stato così gentile con me da tanto tempo. Li ho ringraziati mille volte. Ero stato fortunato. Per ora, ce l’avevo fatta. Il tredicenne genovese con il suo arrivo ha ridato voglia e possibilità di vivere alla madre. Il medico, che l’ha curata, dice: Sei tu, eroico fanciullo, che hai salvato tua madre. Non voglio dilungarmi. Lascio, a chi vorrà, la lettura in parallelo dei testi. Anche i racconti di Cuore – non più presente come un tempo, credo, nelle letture per l’infanzia – sono facilmente rintracciabili on line.

Leggo invece i profili di tre ragazzi, giunti nella mia città. Hanno più di quattordici anni. Sono accolti e assistiti. Di un tutore hanno pure bisogno, meglio se volontario e non tale per dovere istituzionale. Lo stanno trovando.

  1. O. J. (Nigeria) quasi quindici anni, curioso e vitale con una sfrenata passione per la break dance. Si cerca una scuola di ballo per rispondere a questa passione. La sua esperienza con la scuola rimane un mistero. È partito molto piccolo per la Libia, dove è cresciuto con uno zio materno e una zia. Parla un italiano Pidgin. Orfano del padre non vede la mamma da quando ha sei anni. È in ottima salute.
  2. S. (Gambia) sedici anni. In terapia antibiotica per TBC latente, non infettiva. Pacato e volenteroso, non è mai andato a scuola, non sa leggere e scrivere. Non parla, non capisce l’italiano, che ha cominciato a studiare. Si vedrà poi per un corso professionale. Ha famiglia in Gambia: mamma, papà, due sorelle.
  3. M. (Guinea) sedici anni. Due soli anni di scuola in Guinea, ma veloce nell’apprendimento. Frequenta corso di italiano e di operatore meccanico. La mamma è morta, in Guinea ha il padre e due sorelle minori. È in ottima salute.

Il mio piccolo impegno nel promuovere e accompagnare, una volta ancora, un corso di formazione per tutori volontari per MSNA mi sembra avere qualche senso.

(immagine tratta da felicitapubblica.it)

Di Daniele Lugli

Daniele Lugli (Suzzara, 1941, Lido di Spina 2923), amico e collaboratore di Aldo Capitini, dal 1962 lo affianca nella costituzione del Movimento Nonviolento di cui sarà nella segreteria dal 1997 per divenirne presidente, con l’adozione del nuovo Statuto, come Associazione di promozione sociale, e con Pietro Pinna è nel Gruppo di Azione Nonviolenta per la prima legge sull’obiezione di coscienza. La passione per la politica lo ha guidato in molteplici esperienze: funzionario pubblico, Assessore alla Pubblica Istruzione a Codigoro e a Ferrara, docente di Sociologia dell’Educazione all’Università, sindacalista, insegnante e consulente su materie giuridiche, sociali, sanitarie, ambientali - argomenti sui quali è intervenuto in diverse pubblicazioni - e molto altro ancora fino all’incarico più recente, come Difensore civico della Regione Emilia-Romagna dal 2008 al 2013. È attivo da sempre nel Terzo settore per promuovere una società civile degna dell’aggettivo ed è e un riferimento per le persone e i gruppi che si occupano di pace e nonviolenza, diritti umani, integrazione sociale e culturale, difesa dell’ambiente. Nel 2017 pubblica con CSA Editore il suo studio su Silvano Balboni, giovane antifascista e nonviolento di Ferrara, collaboratore fidato di Aldo Capitini, scomparso prematuramente a 26 anni nel 1948

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