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Non c’è profugo e profugo

DiDaniele Lugli

Mar 13, 2022
Drehscheibe Köln-Bonn Airport - Ankunft Flüchtlinge 5. Oktober 2015

Sembra fatta apposta la direttiva, accompagnata da linee guida per renderla operativa. Prevede infatti protezione temporanea in forme semplificate, rispetto alle procedure di asilo, in presenza di afflusso massiccio di sfollati e condivisione dell’accoglienza tra gli stati membri. L’arcivescovo di Ferrara Gian Carlo Perego, sensibilissimo al tema e presidente di Migrantes, auspica che la decisione possa “aiutare ad aprire menti e cuori all’accoglienza dei profughi. Tutti”.

La Direttiva, 2001/55/CE del Consiglio, 20 luglio 2001, è risvegliata dalle bombe russe da un sonno più che ventennale. La Comunità Europea l’adotta perché vicino è il ricordo delle guerre nell’ex Jugoslavia. Quando gli arrivi però si fanno effettivamente massicci non viene affatto applicata. Una reazione tempestiva di tutela delle persone sfollate, evitando di pregiudicare il normale sistema d’asilo, non appare necessaria. Quando gli arrivi divengono imponenti ogni paese è lasciato pressoché solo a farvi fronte. Lo si fa con diversa attenzione e ferocia. L’Italia non è tra i peggiori pur subendo una fortissima pressione. La destra, razzista e xenofoba, sfrutta a proprio vantaggio i timori che un’immigrazione inattesa comporta in un paese per più aspetti in crisi. Non solo economica. E questo avviene un po’ ovunque in Europa.

In vario modo gli stati cercano di sottrarsi, sulla pelle dei migranti, dagli obblighi di diritto internazionale, europeo, nazionale. Chi giunge in un Paese dell’Unione e chiede asilo non può essere respinto. La sua domanda va esaminata secondo norme precise. È un diritto umano riconosciuto, ribadito dal diritto dell’Unione e del Consiglio d’Europa, particolarmente tutelato dalla Costituzione italiana. Se entrano devi prenderli in considerazione. Allora è importante che non entrino, senza che questo sia respingimento. Di qui la tutela delle frontiere terrestri e marittime per far fronte all’invasione di disperati da tenere fuori, costruendo muri dove si può. Di qui l’accordo con stati che non si pongono il problema dell’asilo o dei diritti umani, per bloccare flussi verso paesi europei, in cambio di adeguati finanziamenti. Oltre ai muri ai confini della fortezza Europa si creano frontiere interne per evitare i movimenti secondari, si esternalizzano le frontiere e dunque il diritto d’asilo. Colpisce il ruolo di avanguardia assunto dalla Danimarca. Si riduce complessivamente l’area della protezione internazionale nell’intera Unione Europea.

L’arrivo più massiccio di profughi ucraini è naturalmente in Polonia, che si mostra capace di adeguata prima accoglienza. Di lì i profughi proseguono il loro viaggio. Non sembra lo stesso governo che respinge nel modo più inumano i profughi alla frontiera con la Bielorussia. Anche se a quel confine, come a questo, il meglio della società civile polacca soccorre generosamente. Il Governo polacco non ha cambiato atteggiamento. Assieme ai suoi compari del cosiddetto gruppo di Visegrad, con l’aggiunta dell’Austria, memore del suo passato imperiale, ha ottenuto una modifica al testo originale di applicazione della Direttiva. Si prevede un possibile trattamento diverso per i cittadini ucraini rispetto ai residenti in Ucraina di altre nazionalità. Sia mai che qualche colorato si insinui tra i profughi ucraini-ucraini. Tra gli effetti della guerra non sembra esserci l’apertura di menti e cuori auspicata da Perego. Al contrario, l’emergenza guerra fa passare in secondo piano (dimenticare?) le misure dell’Unione per ricondurre Polonia e Ungheria al rispetto dello stato di diritto e dei valori europei, solennemente condivisi al momento dell’adesione.

Mi è parso doloroso il distacco della Gran Bretagna dall’Unione Europea. Consola l’idea che questo possa agevolare la trasformazione dell’Unione in uno stato federale democratico e agente di pace, capace di sottrarre il popolo europeo ai deliri nazionalisti e guerrafondai. Leggo titoli come Ucraina, profughi: i Paesi Ue ne hanno accolti 2,2 milioni, la Gran Bretagna solo 300 o anche Guerra in Ucraina, Gran Bretagna: sì ad aiuti militari no ai profughi in fuga.

Anche in Italia c’è chi pensa che occorra combattere fino all’ultimo uomo, ucraino naturalmente. Invece per attuare la Direttiva, risvegliata dal sonno, occorre che tutti i paesi europei concordino delle quote per farsi carico della prima accoglienza. È questo il primo passaggio, fin che dura l’emergenza. Si deve favorire la scelta del profugo del paese dove stabilirsi. Il diritto di scegliere va garantito anche poi, per i rifugiati che non torneranno in Ucraina. Il loro ritorno, in sicurezza, dovrà essere accompagnato. Queste misure vanno estese ai rifugiati di tutte le guerre.

Fare fronte adeguatamente a quest’esodo è sommamente impegnativo. Mobilita le risorse pubbliche e della società che ogni tanto, merita l’aggettivo di civile. “Potrà raggiungere e superare i 5 milioni di profughi, che si aggiungono agli oltre 5 milioni di immigrati ucraini nel mondo” stima Perego. Ricorda pure la presenza rilevante di ucraini in Italia e il ruolo straordinario di molte donne, che si prendono cura dei nostri bambini e dei nostri vecchi, supplendo alle carenze di assistenza. “Tutti i rifugiati e profughi hanno la stessa storia”, tutti meritano l’aiuto di cui siamo capaci.

Di Daniele Lugli

Daniele Lugli (Suzzara, 1941, Lido di Spina 2923), amico e collaboratore di Aldo Capitini, dal 1962 lo affianca nella costituzione del Movimento Nonviolento di cui sarà nella segreteria dal 1997 per divenirne presidente, con l’adozione del nuovo Statuto, come Associazione di promozione sociale, e con Pietro Pinna è nel Gruppo di Azione Nonviolenta per la prima legge sull’obiezione di coscienza. La passione per la politica lo ha guidato in molteplici esperienze: funzionario pubblico, Assessore alla Pubblica Istruzione a Codigoro e a Ferrara, docente di Sociologia dell’Educazione all’Università, sindacalista, insegnante e consulente su materie giuridiche, sociali, sanitarie, ambientali - argomenti sui quali è intervenuto in diverse pubblicazioni - e molto altro ancora fino all’incarico più recente, come Difensore civico della Regione Emilia-Romagna dal 2008 al 2013. È attivo da sempre nel Terzo settore per promuovere una società civile degna dell’aggettivo ed è e un riferimento per le persone e i gruppi che si occupano di pace e nonviolenza, diritti umani, integrazione sociale e culturale, difesa dell’ambiente. Nel 2017 pubblica con CSA Editore il suo studio su Silvano Balboni, giovane antifascista e nonviolento di Ferrara, collaboratore fidato di Aldo Capitini, scomparso prematuramente a 26 anni nel 1948

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