• 24 Aprile 2024 7:07

Mancano le sparatorie

DiDaniele Lugli

Lug 29, 2018

Ecco riproporsi almeno il tema della legittima difesa e di come meglio attuarla. Nella primavera dello scorso anno si erano susseguite proposte al riguardo. Due post avevo allora dedicato: Tu vuo’ fa’ ll’americano (4 maggio 2017) e La notte è piccola (8 maggio 2017). Non sono memorabili, come neppure lo sarà questo. Li ricordo per i cultori della materia e per non soffermarmi ulteriormente, come sarebbe facile, sull’America e sui confronti.

In USA, mediamente, sono ogni anno 11 le persone uccise da pistola o fucile su 100 mila abitanti (19 in Lousiana, 18 in Misssipi, 17 in Alabama…). In Italia non arriviamo a 1 su 100mila e per farlo ci tocca importare Igor. Siamo però – dati ONU – il primo Paese del G8 e dell’Unione Europea per numero di omicidi con arma da fuoco, ma usiamo di più quelle da taglio. C’è una ricerca americana dettagliata. Si trova ad esempio su “Il Corriere” del 18 maggio 2018 e su Famiglia cristiana” del 6 novembre 2017.

Anche il tema della difesa notturna, con tutto il contorno del dibattito su quando inizi e quando finisca, pare superato. Nessuno ripete rosso di sera stasera si spara. Il tema è quello della difesa domestica a qualsiasi ora e, quasi, luogo.

Se mancano le sparatorie, almeno facciamole di più in casa, in aggiunta a quelle gioiose del capodanno. La difesa è sempre legittima, proporzionata e sacrosanta se presso l’abitazione, dipendenza, negozio, o qualsivoglia luogo in cui ci si senta a casa, mi par di capire. E se i contendenti si sentono entrambi di casa? Può succedere. Sarà bene regolarlo visto anche l’atteggiamento della Cassazione penale: Legittima difesa negata se ci si sfida (Cass. 15460/18) 6 aprile 2018. L’avrebbe negata, credo, anche ai contendenti di Tombstone, affrontatisi per ragioni varie presso l’OK Corral, ciascuno considerandosi a casa propria e legittimato a sparare. È stato il 26 ottobre 1881, epopea dei fratelli Earp e di Doc Holliday contrapposti ai Clanton e ai McLaury. Un anno fatale il 1881: il 14 luglio Pat Garret, sceriffo, aveva ucciso Billy the Kid. Che western ci hanno regalato!

C’è un problema non solo di quantità, ma di qualità, che è giusto sottolineare. Si è detto che abbiamo una buona posizione nell’uso delle armi da fuoco tra i paesi cd sviluppati, ma prevale ancora l’uso della armi da taglio. Il caso all’attenzione della Cassazione riguardava infatti una pretesa difesa legittima esercitata con un coltello a serramanico, lama di dieci centimetri. Per attingere il cuore dell’aggressore sono occorsi trentun colpi. Lo scontro è parso evitabile e c’era tutto il tempo per, almeno, fermarsi prima di uccidere. Con pistola o fucile si sarebbe fatto meglio. Lo hanno imparato pure gli anarchici, così attaccati alle tradizioni. Perché un autore, forse Longanesi, potesse scrivere un commosso ricordo – Alla stazion di Monza/ arriva un tren che ronza/ hanno ammazzato il re/ colpito con palle tre – sono occorsi due precedenti attentati al coltello falliti, nel 1878 e nel 1897. Così il 29 luglio 1900 Gaetano Bresci poté colpire il Re Buono (detto anche Mitraglia per la sua attitudine nei confronti dei dimostranti) a una spalla, al polmone e al cuore. Umberto fece in tempo a ordinare al cocchiere “Avanti, credo di essere ferito”. Ma Bresci veniva dall’America e aveva colmato il gap tecnologico.

Forse anche di questo si tratta nella ripresa del tema in Italia. Ne hanno scritto i giornali, e Repubblica del 15 luglio in particolare: Sulla legittima difesa il patto d’onore tra Salvini e la lobby delle armi. Un ‘contratto’ impone al ministro dell’Interno di coinvolgere le potenti associazioni quando si discute dei loro interessi. A partire dal ddl caro alla Lega che autorizza le vittime di reati a sparare agli aggressori. Se Matteo Salvini farà ciò che, per iscritto e sul suo onore, si è impegnato a fare una volta eletto, l’Italia avrà presto una legge sulla legittima difesa scritta a quattro mani con la lobby delle armi.

Il compito di garantire sicurezza ai cittadini spetterebbe proprio al super ministro, ma lui incita al fai da te. Dice che a casa sua per difendersi gli basta il mattarello, ma forse a noi no. Mi evoca il felice e lontano ricordo della Tordella con Bibì, Bibò e il capitan Cocoricò. Riguardo l’immagine che da ogni media mi viene riproposta. Parla da amico. Sento che con amici così non ho bisogno di nemici. Un’arma e una felpa farebbero giuste al caso. Fa caldo, ma la felpa dà il giusto aplomb. Sono pronto.

Di Daniele Lugli

Daniele Lugli (Suzzara, 1941, Lido di Spina 2923), amico e collaboratore di Aldo Capitini, dal 1962 lo affianca nella costituzione del Movimento Nonviolento di cui sarà nella segreteria dal 1997 per divenirne presidente, con l’adozione del nuovo Statuto, come Associazione di promozione sociale, e con Pietro Pinna è nel Gruppo di Azione Nonviolenta per la prima legge sull’obiezione di coscienza. La passione per la politica lo ha guidato in molteplici esperienze: funzionario pubblico, Assessore alla Pubblica Istruzione a Codigoro e a Ferrara, docente di Sociologia dell’Educazione all’Università, sindacalista, insegnante e consulente su materie giuridiche, sociali, sanitarie, ambientali - argomenti sui quali è intervenuto in diverse pubblicazioni - e molto altro ancora fino all’incarico più recente, come Difensore civico della Regione Emilia-Romagna dal 2008 al 2013. È attivo da sempre nel Terzo settore per promuovere una società civile degna dell’aggettivo ed è e un riferimento per le persone e i gruppi che si occupano di pace e nonviolenza, diritti umani, integrazione sociale e culturale, difesa dell’ambiente. Nel 2017 pubblica con CSA Editore il suo studio su Silvano Balboni, giovane antifascista e nonviolento di Ferrara, collaboratore fidato di Aldo Capitini, scomparso prematuramente a 26 anni nel 1948

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